16/2/2016 – Giuseppe Giglio, 48 anni, costruttore crotonese di primo piano, sarebbe il primo pentito dell’inchiesta Aemilia. secondo notizie trapelate a margine dell’udienza preliminare in corso a Bologna con le arringhe dei riti abbreviati, Giglio sarebbe stato trasferito in un carcere diverso da quello dove ha trascorso praticamente un anno al 41bis: inoltre sarebbero state attivate alcune misure a protezione della sua famiglia che vive a Montecchio. Giglio – riferisce la Gazzetta di Reggio di oggi – avrebbe anche cambiato i legali dai quali era stato rappresentato in udienza preliminare.
Per la Dda Giuseppe Giglio sarebbe una figura centrale della ndrangheta imprenditoriale legata al clan Grande Aracri, che non spara ma usa abilmente una fitta rete di relazioni, inserendosi anche negli appalti pubblici, per fare gli interessi della cosca.
“Pino – ha scritto il Gip nell’ordinanza di rinvio a giudizio- apre la galleria di imprenditori la cui parabola personale e professionale segna il passaggio da una condizione originaria di assoggettamento a una consapevole e volontaria cointeressenza ai fini di espansione economica dei clan di riferimento.
L’impiego del plurale non è casuale, dal momento che la figura di Gilio si caratterizza altresì per la particolare accortezza della sua azione, attenta a non compromettere il delicato equilibrio tra interesse personale e quelli dei clan per i quali e con i quali opera stabilmente”.
Secondo la Dda sarebbe uno degli organizzatori del sodalizio criminale che si occupa anche del ramo finanziario attraverso un giro di false fatturazioni, come quelle emesse a favore della ditta Bianchini.
Nel rito abbreviato i pm hanno chiesto per Giglio la pena di 20 anni di carcere. richiesta eccezionalmente pesante, che probabilmente ha influito sulla scelta dell’imprenditore calabrese. Così come potrebbe aver influito la lettera dal carcere di Pasquale Brescia che – per il modo diretto con cui parla del sindaco Vecchi, di Delrio e di altri – alcuni hanno letto an che come un invito “a parlare” rivolto ai self made man calabresi che con l’edilizia hanno costruito piccole e grandi fortune, e ora sono in carcere o in attesa di giudizio.