27/1/2016 -E’ schiacciata da cento milioni di debiti e presa a tenaglia dal calo dei consumi di carne. Sono giorni drammatici per Unipeg-Assofood – il colosso cooperativo reggiano della macellazione, erede della gloriosa Asso, nato dodici anni fa dalla fusione tra Unicarni (guidata all’epoca da Ildo Cigarini) e Macello di Pegognaga – alle prese con una crisi di liquidità drammatica. Le voci su sulle cattive condizioni di salute di Unipeg si rincorrono da qualche tempo, e ora è arrivato il redde rationem: il rischio di un crac è alle porte. Ieri sera Telereggio ha rivelato l’esistenza di trattative con Inalca di Cremonini, il numero uno italiano del settore. trattative che sarebbero a buon punto: rileverebbe i sei stabilimenti Unipeg (che vale comunque cinquecento milioni/anno di ricavi aggregati) accollandosi i debiti e riconoscendo un avviamento di dieci milioni da trasformare in azioni della società di Modena.
Nel 2013 Unipeg-Assofood aveva registrato a bilancio un disavanzo di circa 10 milioni di euro, a cui si sono aggiunte perdite per 6,15 milioni nel 2014. Nello stesso anno la vendita complesso di via Due Canali a Credit Agricole per 13 milioni aveva dato respiro finanziario alla società, ma nel 2015 le perdite hanno ripreso a galoppare. Neppure l’affitto da anni di grandi impianti frigoriferi alla logistica Cir Food è riuscito ad allontanare il baratro. Nè è bastato il recente soccorso dei soci allevatori, che sono soprattutto veneti e della bassa Lombardia che hanno aderito in modo “significativo”, ma purtroppo insufficiente, a un piano di ricapitalizzazione.
Unipeg-Assofood è attualmente guidata dal presidente Fabrizio Guidetti e dall’amministratore delegato Moris Ferretti , che è anche nel cda del gruppo Iren e il 28 dicembre è stato nominato tra non poche polemiche nel cda della nuova Ireti, costituita ex novo per la gestione operativa del business acqua, gas e elettricità di Iren. Telereggio ha sottolineato che “Unipeg ha ingenti immobilizzazioni finanziarie, che tuttavia non è facile cedere in tempi brevi”. Da qui l’allarme per le sorti dell’azienda, certamente un pezzo fondamentale della storia e dell’economia agroindustriale del reggiano.
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