4/1/2016 – Operazione dei carabinieri di Crotone e Catanzaro, questa notte, per la cattura di 16 persone tra presunti capi e gregari della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri di Cutro, ramificata nel Nord Italia e soprattutto in provincia di Reggio Emilia, dove ha assunto una posizione dominante. La cosca Grande Aracri è al centro del processo Aemilia e di sequestri preventivi per decine milioni di euro tra immobili, garage, automobili, società e conti correnti. Dieci di queste ordinanze cautelari, infatti, si trovano già in carcere proprio a seguito dell’operazione Aemilia.
Gli arresti eseguiti questa notte e in mattinata sono stati ordinati dalla Dda di Catanzaro per i reati di associazione mafiosa, estorsione, usura e omicidio. L’indagine dei militari ha consentito, fra l’altro, di gettare nuova luce sull’omicidio del boss Antonio Dragone, avvenuto il 10 maggio 2004, in una strada tra Cutro e frazione San Leonardo, a opera di un commando di sette killer, i cui nomi furono rivelati nel 2008 dal pentito Cortese. L’auto sulla quale viaggiava il boss insieme ad altre due persone – rimaste illese – fu speronata dalla vettura dei sicari: Dragone tentò di sfuggire all’esecuzione, ma fu raggiunto da numerosi colpi di mitra e di pistola al volto.
Il blitz, al quale hanno partecipato un centinaia di Carabinieri, ha interessato la fascia dell’alto Ionio calabrese, oltre a Cutro, Isola Capo Rizzuto, Crotone e la costa cirotana.
L’OPERAZIONE DI QUESTA NOTTE
Sono sedici le persone raggiunte da ordinanze di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione “Kyterion II”. Destinatario di uno dei provvedimenti è il boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, 56 anni, detto “Mano di gomma” atualmente detenuto a Opera al 41 bis per scontare una pena di 30 anni tdi carcere.
In carcere sono finiti Antonio Grande Aracri, 55 anni, fratello di Nicolino; Rocco Corda, detto “Rocchino”, 45 anni, avvocato; Salvatore Scarpino, detto “Turuzzo”, 50 anni, e Giuseppe Altilia, 50 anni.
Agli arresti domiciliari Grazia Veloce di 72 anni ed Esterino Peta di 27 anni.
Ordinanze notificate in carcere, oltre a Nicolino Nicolino Grande Aracri, anche ad Angelo Greco, 50 anni, Gennaro Mellea di 38 anni, Francesco Lamanna di 54 anni, Alfonso Diletto di 48 anni, Vito Martino di 45 anni, Romolo Villirillo detto Pietro Ù Porziano di 37 anni, i cugini Pasquale e Michele Diletto di 36 e 29 anni, e Giuseppe Celi di 38. Questi sono detenuti nelle carceri di Catanzaro, oltre che di Milano, Oristano, Sassari, Spoleto, Taranto, Torino e Viterbo a seguito dell’inchiesta Aemilia, di cui l’11 gennaio inizieranno i procedimenti col rito abbreviato davanti al Gup, mentre il dibattimento processuale prenderà il via in marzo Reggio Emilia.
Su altri indagati sono stati raccolti elementi tali da configurare in sede di accusa responsabilità di rilievo, pur mancando i presupposti perl’adozione di provvedimenti cautelari.
Non sono state accolte dal gip, infatti, le richieste di arresto per il fratello di Nicolino, Domenico (avvocato) e Lucia Stranieri, sorella dell’avvocato romano Benedetto Giovanni Stranieri, sottoposto a fermo un anno fa.
L’accusa si riferisce ad un interessamento dei Grande Aracri per un ricorso in Cassazione contro una condanna a carico di Giovanni Abramo. La Corte, nel marzo 2013 aveva annullato la sentenza impugnata per nuovo esame d’appello e Abramo era stato scarcerato.
In proposito, il procuratore aggiunto di Catanzaro Giovanni Bombardieri ,incontrando i giornalisti, ha parlato di “intercettazioni inquietanti” anche se “non sono emersi elementi per ritenere che vi sia stato effettivamente un intervento sulla Cassazione, per cui le parole dei legali potevano anche essere dovute a millanteria”.
La cosca Grande Aracri – ha chiarito Bombardieri nel corso di una conferenza stampa nella sede della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro – avrebbe tentato di aprire dei canali per avvicinare personaggi autorevoli al fine di agevolare gli interessi della consorteria. Si tratterebbe di ambienti ecclesiastici e ordini di cavalierato sino ai millantati rapporti con la Suprema Corte.
Un contesto emerso già nell’operazione Aemilia e che condurrebbe direttamente a Grazia Veloce, giornalista di 72 anni residente a Pomezia, finita agli arresti domiciliari nell’ambito di Kyterion 2.
Secondo gli inquirenti, Grazia Veloce avrebbe utilizzato le sue relazioni personali, appunto, in ambienti con monsignori romani e alti gradi di ordini cavallereschi.
Bombardieri ha insistito sul fatto che “la partecipazione a logge massoniche o associazioni di cavalieri era vista dalla cosca Grande Aracri come uno strumento di incontro con persone per bene che potevano tornare utili agli interessi dello stesso clan”.