I Social Cohesion Days si sono conclusi ieri al centro Malaguzzi di Reggio Emilia con una seduta dedicata a ‘Le parole della Coesione Sociale’ introdotta da Traute Meyer docente di Politica Sociale all’Università di Southampton (UK). Sono seguiti i report delle giornate di lavoro a cura di Paolo Graziano -Università ‘L.Bocconi’ Milano-, Matteo Jessoula -Università degli Studi di Milano-, Michele Raitano -Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’ e Emmanuele Pavolini -Università degli Studi di Macerata- che hanno evidenziato l’importanza di un focus permanente sui temi della Coesione Sociale -i report completi saranno disponibili nei prossimi giorni nell’area press del sito socialcohesiondays.com-. Tanti e di alto livello i contenuti emersi durante le giornate che lasciano e lanciano un m essaggio importante ai policy maker e a tutti gli attori della società civile per una maggiore attenzione alle politiche del welfare e la necessità di costruire, di concerto, nuove strategie di protezione delle persone durante lo scorrere della loro vita: dalle politiche educative, alle politiche per il lavoro, dalle politiche sanitarie e di assistenza alle politiche pensionistiche.
Tra i presenti alla cerimonia di chiusura anche il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi: “Avere ospitato il Forum a Reggio Emilia è stato motivo di grande onore e un’opportunità perché ci ha consentito almeno due cose: da una parte di ospitare un grande progetto di proiezione nazionale e internazionale. In secondo luogo perché abbiamo bisogno di discutere su questi temi. Discutere a fondo su quelli che sono i problemi della vita quotidiana delle persone, delle fragilità sociali, del lavoro, delle pensioni, di come cambiano le nostre società. E abbiamo bisogno di farlo anche in un’epoca nella quale si discute anche un po’ troppo di un pensiero unico monetarista, di austerity. Il premio Nobel, Maskin c’è l’ha detto con molta chiarezza: gli Stati Uniti sono usciti per primi dalla crisi perché hanno investito anche risorse pubbliche importanti. Queste giornate sono state, quindi, anche un momento di crescita culturale e civile della città perché hanno consentito di sedimentare un pensiero alternativo rispetto a quello dominante del momento. In virtù di queste ragioni Reggio Emilia si candida a proseguire questo percorso”.
Il portavoce delle Giornate della Coesione sociale e coordinatore del Comitato Scientifico, Raul Cavalli, nel ha concluso l’incontro: “ Troppo raramente si ricorda che il progresso economico deve essere finalizzato a un vero progresso umano e non fine a sé stesso. Dobbiamo infatti ricordarci che quel miracolo che è avvenuto in Europa negli ultimi cinquant’anni, cioè quel periodo di pace e di benessere che il continente europeo non ha mai vissuto nella sua storia, è frutto essenzialmente di due decisioni entrambe politiche. Uno è stato il progetto europeo e l’altra una massiccia deliberazione di politiche di coesione sociale. Una visione di futuro e delle politiche di coesione ci hanno regalato cinquant’anni unici nella storia dell’umanità. Negli ultimi trent’anni le tematiche per la coesione sociale sono scemate e il mondo, la nostra politica, e di conseguenza anche la nostra società, si sono occupati sempre più di temi legati all’economia. Si è sostituito il successo con la felicità, il merito con la furbizia, la libertà con la fedeltà. Vorremmo riportare al centro dell’agenda politica, nel dibattito della società civile e nei lavori della comunità scientifica i temi della coesione sociale. Vorremmo parlare di salute, di assistenza, di anziani, di bambini, di educazione, di istruzione, di formazione, di pensioni e di lavoro”.
Ciò detto, nel convegno reggiano è rimasto in ombra un tema di fondo: quello delle risorse per il welfare. Perchè se la struttura dello stato sociale è stata messa in discussione in tutto l’Occidente non è soltanto a causa dell’individualismo imperante (che del resto non è una novità di questo o del secolo scorso) ma dall’eccesso di spesa inefficiente degli Stati, che ha generato un debito monetario difficilmente sostenibile e per garantire la previdenza ha trasformato i fondi pensioni nei principali speculatori finanziari a livello mondiale. Inutile nascondersi dietro un dito: il sistema non funziona più. E gli esperimenti di pianificazione collettivistica sono falliti in un tremendo disastro sociale. Non si può più parlare di welfare, oggi, senza affrontare a viso aperto questi nodi. E, per favore,la si smettta di esorcizzare tensioni e attese sociali bollandole come populismi: è una mistificazione bella e buona, al pari dell’invenzione interessata dell’antipolitica, che serve soltanto ad aggirare il dovere di rispondere a esigenze reali. E politici e accademici lo sanno bene, soprattutto quando affermano il contrario. (p.l.g.)