5/5/2015 -Il professionista reggiano Camillo Aceto di 41 anni, bene introdotto nella comunità cinese, è stato arrestato dalla Polizia nell’ambito di un’inchiesta della Procura DistrettualeAntimafia di Venezia sull’introduzione illegale di cinesi in Italia. Per lui e altre tre persone finite in carcere, gli uomini d’affari cinesi Chen Rongqing di 38 anni e Deng Lunbo di 39 residenti ad Altivole (Treviso) e il poliziotto Aldo Torresan di 52 anni, in forza allo sportello Immigrazione della Questura di Treviso, l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla permanenza illegale nel territorio dello Stato.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere, eseguite questa mattina, sono state emesse dal Gip Alberto Scaramuzza su richiesta del Pubblico Ministero di Venezia Giovanni Zorzi, in ragione del pericolo di reiterazione del reato da parte dei quattro accusati dell’associazione.
Il sodalizio avrebbe fatto ottenere il permesso di soggiorno a centinaia di cinesi (che pagavano ciascuno fra i 2.000 e i 3.000 euro ciascuno) con documenti falsi oppure carenti, e anche con la manomissione dei dati registrati nel sistema informatico della Questura a Treviso.
Camillo Aceto, in particolare, secondo la Dda avrebbe fornito informazioni informatiche false a ripetizione (inventando delle vere e proprie second life per i cinesi ai quali far ottenere o rinnovare i permessi di soggiorno) dal suo studio di consulenza del lavoro di via Felice Cavallotti 16, a Reggio Emilia, nella zona dello stadio Giglio, dove ha sede la società Datacont di cui risulta come amministratore di fatto.
Gli affari con i cinesi, del resto, sono una specialità della famiglia. Il padre di Camillo, Leonildo Aldo Aceto, è stato per decenni un punto di riferimento degli imprenditori cinesi nella gestione del personale, delle pratiche amministrative e della contabilità: un personaggio molto noto negli ambienti dell’Inps,dell’Inail e della Direzione provinciale del lavoro, e che ha avuto anche qualche vertenza per esercizio abusivo della professione di commercialista.
Ma torniamo all’inchiesta di oggi. Secondo le indagini della Polizia l’organizzazione, tramite la produzione di documentazione falsa, mirava a far ottenere a cittadini di nazionalità cinese, il permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, senza i prescritti requisiti. L’indagine, condotta dalla sezione di polizia giudiziaria della Procura di Venezia, è nata dopo accertamenti svolti dall’ufficio immigrazione della Questura di Treviso che ha collaborato all’inchiesta.
I sospetti erano iniziati nel maggio 2013, quando l’ufficio immigrazione di Treviso aveva rilevato delle anomalie in una istanza di rilascio di un permesso di soggiorno a un cinese. Lo stesso ufficio aveva poi scoperto che le anomalie riguardavano in realtà numerose altre pratiche, sempre a favore di cinesi e tutte riconducibili ad un poliziotto, Ivano Torresan, 52 anni, di Treviso, che lavorava allo Sportello Immigrazione. Nella maggior parte dei casi Torresan avrebbe usato un espediente informatico, attraverso il quale faceva figurare come esistenti requisiti in realtà inesistenti, necessari per il rilascio della carta di soggiorno a tempo indeterminato.
Attraverso intercettazioni, pedinamenti, l’analisi di documentazioni, di comunicazioni all’ Inps, del Ministero del Lavoro, dell’Agenzia delle Entrate, delle anagrafi comunali, sono stati individuati quelli che gli inquirenti ritengono gli altri componenti dell’associazione. Oltre che per Aceto sono scattate le manette ai polsi di Chen Rongqing Chene Deng Lunbo.
L’analisi dei documenti prodotti dagli stranieri coinvolti nella vicenda ha svelato che buona parte di essi era falsa o del tutto inidonea ad ottenere i titoli di soggiorno rilasciati. Le attestazioni di residenza, i profili occupazionali, reddituali, contributivi, i titoli di studio non avevano alcuna corrispondenza con la realtà, ma erano stati creati e inventati, al solo scopo di fornire i presupposti per ottenere una carta di soggiorno.
I due cinesi si proponevano come intermediari tra l’ Ufficio Immigrazione e numerosi connazionali, residenti anche in altre province, garantendo in cambio di 2.000/3.000 euro la carta di soggiorno, oppure, per cifre minori, il rinnovo di un permesso temporaneo. Il loro contatto all’interno dell’Ufficio Stranieri sarebbe stato Torresan, Aceto invece il referente con il compito delle comunicazioni informatiche relative all’ esistenza dei rapporti di lavoro necessarie al rilascio dei permessi.
Aceto, su indicazioni dei due cinesi, avrebbe aperto profili occupazionali e contributivi privi di qualsiasi corrispondenza con la realtà. Il sodalizio ha potuto così ottenere illecitamente qualche centinaio di carte di soggiorno a favore di cinesi e, probabilmente, un numero ancora più considerevole di rinnovi di permessi temporanei.