12/5/2015 – Era scomparso da una settimana la sua famiglia – a Reggio – ha vissuto giorni di autentica angoscia . E’ uno dei quattro ragazzini ARRESTATI dai carabinieri – su disposizione del Tribunale dei minorenni di Bologna – il 23 aprile scorso perché considerati gli autori di almeno quattro rapine a danni di coetanei, vittime delle loro attenzione nel percorso che da scuola – il polo Makallè – porta alla stazione degli autobus, generalmente all’uscita dei sottopassi cittadini. Il giovane di 17 anni, il primo maggio era fuggito dalla comunità terapeutica di Cesena in cui era stato rinchiuso in attesa del pronunciamento da parte del giudice minorile.
Ma il ragazzo è sfuggito ai controlli del personale della comunità romagnola, facendo perdere le proprie tracce. Una fuga che ha subito allarmato anche i Carabinieri di Reggio Emilia Santa Croce i quali, avvertiti dai colleghi di Cesena, hanno effettuato controlli a “pressione” nei luoghi frequentati dal giovane, nelle abitazione degli amici e nella casa dei genitori. Ed è proprio lì che questa mattina il giovane è ricomparso venendo fermato intorno alle 9dai carabinieri della Stazione di Reggio Emilia Santa Croce che l’hanno arrestato in esecuzione del provvedimento restrittivo emesso dal Tribunale per i minorenni di Bologna. “Pensavo non mi avreste mai preso”: questa l’affermazione del ragazzo ai carabinieri che l’hanno fermato. Era sicuro di sé al punto da spingersi sin nei pressi dell’abitazione dei genitori, forse nell’intento di rassicurarli. Ora i Carabinieri di Via Adua proseguono le indagini per capire chi lo abbia aiutato durante la fuga.
Il ragazzo, secondo la ricostruzione dei Carabinieri faceva parte di una baby gang (composta da quattro giovanissimi di 16 e i 17 anni) che che ha operato on rapine seriali: accertati 4 episodi, avvenuti, l’autunno scorso, più o meno nella stessa zona e con le medesime modalità. Con la stessa spavalderia con cui rapinavano i loro coetanei di telefonini e giacche di marca, poi postavano su Facebook per vantarsi la refurtiva sottratta. A chiudere il cerchio, dopo la denuncia arrivata da una vittima circa un episodio dello scorso mese di novembre, sono stati proprio i militari della caserma di Santa Croce. Il copione era sempre lo stesso: si appostavano, individuavano “la vittima”, si avvicinavano. Poi, con una scusa, iniziavano a parlare fino a che trascinavano, con le buone o con le cattive, la vittima in disparte. A quel punto, scattava la rapina.