di Pierluigi Ghiggini
21/4/2015 – Era difficile immaginare che si arrivasse a tanto. Eppure è accaduto. Ieri sera il consiglio comunale (o meglio, il Pd) ha fatto il funerale alla società Fiere di Reggio, deliberando lo scioglimento anticipato della società.
Dal punto di vista formale è una decisione richiesta dall’assemblea dei soci (convocata per lunedì 27) secondo cui la società in concordato preventivo non può più andare avanti; ma siccome i soci che hanno la maggioranza sono sempre i soliti – Comune, Provincia e Camera di commercio – si tratta di una decisione maturata in sede politica.
Così la politica reggiana getta la spugna, e rinuncia ad avere un polo fieristico: padiglioni e terreni saranno venduti all’asta per pagare 28 milioni di euro di debiti, un cancro ereditato dalla vecchia Sofiser. Niente più manifestazioni, che emigreranno se va bene a Parma e a Modena proprio quando la fermata Mediopadana offre un’accasione di lancio senza precedenti: del resto è questa la strategia burocratica dell’Area vasta, di cui oggi tutti si sciacquano la bocca.
Il delitto di Reggio Emilia Fiere è stato deliberato con 19 voti favorevoli (Pd e Sel) e 12 voti contrari di tutte le opposizioni (Cinquestelle, Forza Italia, lista Magenta, Rubertelli, Lega Nord) e del consigliere PD Pierluigi Saccardi che ha motivato ampiamente il proprio dissenso dal suo gruppo: “Con le banche ci si può sempre sedere a un tavolo e discutere, nell’interesse dell’economia e della città”.
Al dibattito e al voto hanno assistito allibiti i dipendenti di via Filangieri, che hanno dato vita a una protesta dignitosa quanto silenziosa, presentandosi in Sala del Tricolore con uno slogan appuntanto su giacche e giacconi: “Siamo fieri delle Fiere”. Per loro, il futuro è quanto mai incerto. Nè è valso a tranquillizzarli un odg presentato e votato dal Pd che impegna la Giunta ad assicurare una ricollocazione ai lavoratori e “per quanto possibile” a garantire gli eventi fieristici. Ma dove, con quali risorse e soprattutto in quali padiglioni?
Eclatante l’assenza del sindaco Luca Vecchi, che pure era nel palazzo: eppure avrebbe dovuto spiegare perchè da capogruppo PD sostenne a spada tratta la fusione Siper-Sofiser senza Due diligence, spalleggiando l’assessore Spadoni mentre trattava con disprezzo chi denunciava l’insostenibilità del debito dell’immobiliare.
In realtà con l’affondamento di Reggio Fiere si spalancano le porte a una operazione speculativa di qualche importante investitore privato (le cooperative no: non hanno piu risorse) che certamente non si lascerà sfuggire l’occasione di acquistare a prezzi di realizzo un complesso diventato parecchio appetibile grazie alla stazione Mediopadana dell’alta velocità. A meno che qualcuno, col miracolo dell’ultim’ora, non riesca a scovare il cavaliere bianco capace col suo bacio appassionato e una montagna di soldi, di resuscitare la morta. Del resto c’era, quel cavaliere, e aveva le sembianze di Fiera di Milano: ma è stato preso a calci nel sedere dall’assessore regionale Muzzarelli (che oggi da sindaco di Modena ha tutto da guadagnare dalla scomparsa del polo fieristico reggiano) con l’appoggio delle ex presidente della provincia Sonia Masini.
A meno che il governatore Bonaccini non voglia rimediare ai guasti di Muzzarelli, aprendo i cordoni della borsa e mettendo a carico della regione almeno una parte del debito di Reggio Fiere. Vedremo: certamente il Pd cercherà di mantenere in qualche modo il suo potere su un sistema fieristico emiliano-romagnolo in forte affanno: per questo si parla di una società unica regionale, in puro stile Gosplan.
Il capogruppo Pd Capelli, per dare un senso politico alla delibera di scioglimento, ha detto: “Prima c’era l’idea che intanto pagava Pantalone. Con questo voto oggi diciamo che Pantalone che paga non c’è più”.
Peccato che la cicala della situazione sia stato proprio il Pci-Ds-Pd che con i suoi funzionari politici ha fatto il bello e il cattivo tempo alla Sofiser, accumulando il debito che ha affogato via Filangieri. E ora il conto del Pd lo pagherà davvero Pantalone, vale a dire l’economia cittadina.
Oggi intanto, fumano le macerie: “È un giorno di lutto per Reggio Emilia, questa è una sconfitta per l’intera città”. ha tuonato il consigliere Bassi di Forza Italia. E Vaccari, capogruppo dei Cinquestelle: “Questo é un fallimento politico e economico del Pd”. “È la fine di una storia economica, una perdita di assoluto rilievo per la città – ha aggiunto Giuseppe Pagliani, che da ieri è nuovamente capogruppo azzurro in Sala del Tricolore – Avete fatto la fusione di due società per farne nasce una già marta, senza due diligence, col debito della Sofiser sul groppone e senza ricapitalizzarla. Questo disastro è frutto di una serie di errori senza precedenti, ed è la vostra vergogna. E ora quale alternativa siete capaci di mettere in campo?”.
zeveri anche i toni di Bellentani (lista Magenta), di Vinci della Lega Nord e di Cinzia Rubertelli, che con il suo comunicato di alcuni giorni fa aveva dato fuoco alle polveri. Inutile dire che il PD ha votato obtorto collo, e con molti mal di pancia. Ma i consiglieri non hanno hanno trovato il coraggio, e hanno lasciato solo Pierluigi Saccardi nel suo dignitoso no.
L’assessore Notari, mandato allo sbaraglio in consiglio (sempre assente il sindaco Vecchi) si è arrampicato sugli specchi spiegare che la delibera è puramente tecnica ed è in continuità col concordato preventivo finalizzato alla liquidazione della società. Ma non ha convinto nessuno.
Ha parlato di area vasta (ma per ora si vede solo l’emigrazione di eventi fieristici storici come l’ornitologica, il Camer e la Suinicola) e si è detto fiducioso che il patrimonio possa essere venduto al orezzo fissato dalle ultime perizie del commissario giudiziale, vale a dire 38 milioni di euro. IN questo caso, soddisfatti totalmente banche e fornitori non pagati, resterebbe un attivo di dieci milioni di euro. Ma allora, per quale ragione la società viene sciolta? Sapremo la verità dalle aste giudiziarie, ma come ha avvertito Pagliani, quel valore non corrisponde più alla verità: “Oggi non si vende niente alla prima asta, e neppure alla seconda. E spesso neppure alla terza”.
Oggi in via Filangieri restano solo i cocci di una storia economica importante, che con i suoi eventi ha portato ricchezza. E il disastro questa volta ha nomi e cognomi.
Ma se ne tornerà a parlare in consiglio tra qualche giorno, con una interpellanza incendiaria presentata da Forza Italia: la battaglia è solo agli inizi.
Nicola
23/04/2015 alle 13:46
Davvero un peccato . Grande delusione. Ma se i dirigenti non avrebbero pensato solo hai loro portafogli, forse non si sarebbe arrivato a questo disastro. Ma quando c’è politica in mezzo ce sempre disastro.