“È calato il silenzio sull’intreccio coop-partito-enti locali”

di Manuel Negri *
Le recenti vicende legate all’operazione Aemilia hanno fatto scatenare i media e i rappresentanti politici locali e nazionali su di un tema assai delicato come quello delle presenza e delle infiltrazioni mafiose nel territorio reggiano, con i vertici delle cooperative e del Pd che si stracciano le vesti o come qualcun altro, si traveste da nuovo Savonarola.
Al di là del fatto che si sono trovati tutti allineati, pronti a sbattere ‘il mostro’ in prima pagina, solerti a fare i moralisti, e a puntare il dito contro persone che, fino a prova contraria, devono ancora attendere l’esito di un iter giudiziario e sulle quali non esiste ancora una sentenza passata in giudicato; è mai possibile che nessuna mente libera e non omologata sia inorridita innanzi a tanta ipocrisia?
Sono ormai decenni che il nostro territorio vede la presenza della mafia degli appalti, delle assunzioni negli enti pubblici, del monopolio dei servizi attraverso una ‘rete cooperativa’ che potesse garantire al Pci-Pds-Ds, oggi Pd, un retroterra economico sempre più solido, assai utile per affrontare i costi della politica.
Ci vorrebbe ben altro che una semplice commissione di inchiesta per far luce sui rapporti organici fra cooperative, partiti, esponenti politici e amministrazioni locali.
E l’intreccio coop rosse-partito-enti locali è tale che la stragrande maggioranza dei dirigenti delle coop sono stati prima funzionari di partito e amministratori locali.
Gli stessi amministratori che, appunto diretta emanazione delle ‘grandi mamme’, con chissà quali formule alchemiche trasformavano intere aree agricole acquisite dalle cooperative edilizie rosse, con cambio di destinazione d’uso ad hoc per consentirne la rideterminazione del valore di mercato; magari mentre nello stesso tempo terreni edificabili di attività private, divenivano agricoli.
Si sono viste lottizzazioni eseguite da cooperative, dove non è stata richiesta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione o il deposito delle necessarie garanzie fidejussorie.
Questa non sarebbe mafia, o come la chiamiamo?
E tutto questo a quale prezzo per la collettività, visto le sempre più numerose implosioni di gruppi cooperativi, Cmr in testa, dove diversi padri di famiglia e titolari di piccole imprese non solo sono rimasti senza lavoro, ma non hanno potuto pagare i propri dipendenti, si sono trovati nell’impossibilità di versare regolarmente i contributi, di ottemperare i propri impegni finanziari con le banche e di pagare i propri fornitori; provocando un impoverimento sociale che ha investito tutto il territorio.
Senza dimenticare le migliaia e migliaia di euro di risparmi, frutto del sacrificio di due o tre generazioni.
Innanzi a tutto questo, dopo un timido sussulto iniziale, quasi di stupore e smarrimento, è fumosamente calato il muro del silenzio, tipico della peggior omertà mafiosa…
 
(Ricostruiamo Il Paese con Flavio Tosi – Reggio Emilia) 

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Una risposta a 1

  1. Oscar Rispondi

    10/02/2015 alle 13:51

    Debbo ammettere ,in tutta sincerità,di non essere allineato politicamente con chi ha scritto l’articolo, ma certamente gli va riconosciuto di avere messo il dito sulla piaga ,offrendo un input all’apertura di un dibattito sul tema che invece di svilupparsi inutilmente in un bar od in un supermercato,sarebbe più opportuno si realizzasse su di un giornale che intelligentemente lo ha pubblicato.Un invito a partecipare alla discussione che ritengo possa essere funzionale ad una ripresa virtuosa della gestione del nostro territorio.Saluti Oscar

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