Le mafie alzano il tiro. Gian Carlo Caselli e Spataro in Sala del Tricolore coi ragazzi di Cortocircuito (e la solita passerella)

di Pierluigi Ghiggini

6/11/2014 – Mafie e legalità a Reggio Emilia. Sarà particolarmente interessante, alla luce degli ultimi avvenimenti, la serata di domani sera 7 novembre in Sala del Tricolore a Reggio Emilia con l’intervista pubblica a Gian Carlo Caselli, Procuratore capo a Palermo dal 1993 al 1999, e al procuratore capo di Torino Armando Spataro.

Caselli ha preso una dura posizione sull’affaire Brescello, da lui definito sul sito della fondazione Pio La Torre come un caso di «miopia, ignoranza e sottovalutazione», attaccando duramente l’attuale sindaco Marcello Coffrini per i “cordialissimi rapporti con Francesco Grande Aracri, condannato in via definitiva per mafia”. Di conseguenza molti attendono dalla sua viva voce una diagnosi sul caso Reggio.

Venerdì sera Caselli e Spataro (noto per le sue inchieste su mafia e terrorismo) saranno ospiti della web-tv Cortocircuito nella Sala del Tricolore, sede del Consiglio comunale di Reggio Emilia, in un incontro aperto a tutta la cittadinanza.

L’incontro pubblico, dal titolo “Conoscere le mafie, costruire legalità: la voce dei magistrati in prima linea”, è fissato per le ore ore 20.45. A intervistare i due magistrati sarà Elia Minari della web-tv Cortocircuito, ma anche il pubblico potrà rivolgere delle domande.

Va sottolineato che si ripeterà la passerella, già vista nell’incontro col procuratore Antimafia Franco Roberti, dei “saluti di casa” del sindaco Luca Vecchi e dell’assessore Natalia Maramotti, entrambi esponenti del Pd. Ora, è possibile che a Reggio solo i democrat rappresentino il verbo incarnato
dell’antimafia, nonostante i problemi sorti a Brescello, Fabbrico e Montecchio? Perché non viene dato spazio nelle prolusioni anche ad altri eletti, magari a chi si è opposto politicamente sul campo ai Coffrini e ai Grande Aracri mentre altri coltivavano le proprie attività professionali senza esporsi?

È bene ricordare:
a) Sala del Tricolore non è la casa del Pd e della Giunta, ma di tutti;
b) Il patrocinio del Comune di Reggio, che ha reso possibili le interviste di Cortocircuito tv, non è solo a nome della Giunta, ma di tutti;
c) Non si può più sorvolare sulle responsabilità politiche di chi governa ininterrottamente da settant’anni (e anche degli apparati) nella penetrazione delle mafie nel reggiano.

Ma andiamo avanti. La serata prenderà le mosse dai recenti fatti di cronaca locali, come le operazioni antimafia di sequestro che hanno coinvolto i fratelli Sarcone, le nuove interdittive emesse dalla prefettura, il traffico di banconote false, e da ultimo l’arresto della moglie del boss dei “papanicesi” Leo Russelli, alleato degli Arena-Grande Aracri. La donna di ndrangheta Margherita Cau, che gestiva le assunzioni in una ceramica di Crotone per conto del marito al 41 bis, è stata condannata a 4 anni e 8 mesi: la polizia l’ha scovata a casa della sorella, non in un rifugio sui monti della Sila, ma a Scandiano.

Episodi che per la loro frequenza e qualità fanno comprendere come le mafie, in particolare la ndrangheta, siano penetrate in profondità nel nostro tessuto economico, sociale e politico, al punto di far parlare di Reggio Emilia come provincia di Cutro.

Nell’incontro saranno trattati anche temi nazionali, annuncia Cortocircuito: dalla riforma del governo sulla giustizia fino ai tredici recentissimi arresti connessi con l’Expo di Milano (indagini che coinvolgono anche Filippo Lodetti Alliata, costruttore del Park Vittoria a Reggio Emilia), oltre al tema caldo del processo sulla trattativa Stato-mafia, che ha visto la testimonianza anche del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

L’intervista a Gian Carlo Caselli è l’ultima del ciclo di incontri “Reggio contro le mafie”, promosso dal giornale studentesco Cortocircuito in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia e la Regione Emilia-Romagna, col patrocinio della Provincia e di Libera. Sul sito internet www.reggiocontrolemafie.it è possibile leggere dossier, relazioni, documenti, rassegne stampa e molte altre informazioni sulle mafie a Reggio Emilia. Per altre informazioni consultare il sito www.cortocircuito.re.it.

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LA NDRANGHETA A BRESCELLO, IL SINDACO COFFRINI E I GRANDE ARACRI IN PIAZZA: ECCO COSA NE PENSA GIAN CARLO CASELLI

QUEL BOSS NEL SALOTTO DI BRESCELLO

di Gian Carlo Caselli

“A Brescello (Reggio Emilia) una troupe di giovani coraggiosi ha girato, come web-tv “Cortocircuito”, un servizio formidabile. Tema: gli ottimi e cordialissimi rapporti del sindaco (Pd) con tal Francesco Grande Aracri, abitante nel paese da molti anni ma non un cittadino come tutti gli altri. Egli infatti è stato condannato per mafia e sottoposto a sorveglianza speciale.

E’ inoltre al centro di attività economiche sospette che hanno recentemente portato ad un sequestro di beni a suo carico, da parte dei CC di Reggio Emilia, per un valore di 3 milioni di euro. Fa da cornice al tutto l’accusa di legami con la cosca ‘ndranghetista di Cutro, E tuttavia il sindaco ha definito questo soggetto “persona educata e composta, gentilissima e tranquilla, sempre vissuta a basso livello”.

Brescello è anche il paese di Peppone e don Camillo, mitici personaggi di Guareschi, resi ancor più famosi dai film interpretati da Cervi e Fernandel,  nel ruolo di sindaco e parroco. Solo che le cose sono cambiate, rispetto a quei tempi. Perché Peppone e don Camillo (rompendo una crosta solo apparente di bonomia) facevano continuamente prorompere un torrente di divergenze, litigi, scontri e risse. Ora invece parroco e consiglio comunale si schierano subito dalla parte del sindaco.

Ormai è tutto un idilliaco “pappa e ciccia”, un universale “volemose bene” all’insegna dell’indignata negazione dell’esistenza di qualunque problema di mafia. Si organizzano iniziative popolari pro-sindaco e si raccolgono
per lui firme di solidarietà e sostegno (con il concorso, pare, dei familiari del condannato). E chi prospetta anche solo la possibilità di infiltrazioni illegali nel paese è pregato senza tanti riguardi di farsi da parte e starsene zitto.

Brescello in verità non si differenzia troppo da molte altre zone  del Centro e Nord Italia. Spesso, anche se vi sono presenze mafiose di tutta evidenza, fortissima e diffusa è la tendenza a negarle. Miopia, superficialità, sottovalutazione e ignoranza si intrecciano con una sorta di distacco “aristocratico” del Centro-Nord verso problemi considerati a torto roba esclusiva di un Sud arretrato e povero. Senza accorgersi che così si spalancano praterie sconfinate alla penetrazione dei mafiosi. Che per parte loro fanno di tutto (ce l’hanno nel DNA) per passare inosservati, per non essere avvertiti come un pericolo: dimostrando notevoli capacità di
“ibridarsi” mescolandosi e mimetizzandosi con le persone per bene. Con il paradosso che questa mimetizzazione (la vita “a basso livello”…) finisce per essere un comodo alibi per chi non vuol vedere o prova a giustificare la sua disattenzione.

Viene in mente quel che il prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa aveva dichiarato oltre trent’anni fa a Giorgio Bocca,  pochi giorni prima di essere ucciso dalla mafia, a proposito dei Corleonesi (i Liggio, i Collura, i Criscione ecc.) che nel 1949 erano stati da lui denunziati  in Sicilia per più omicidi e sempre assolti per insufficienza di prove, e poi si erano “tutti stranamente ritrovati a Venaria Reale alle porte di Torino”. Dalla Chiesa chiedeva “notizie sul loro conto e gli veniva risposto ‘brave persone, non
disturbano, firmano regolarmente’. E nessuno si era accorto che in giornata magari erano venuti a Palermo o tenevano ufficio a Milano o, chi sa, erano stati a Londra o Parigi”.

Tempi, luoghi e personaggi sono diversi: ma sostanzialmente uguale è il giudizio troppo ottimistico e indulgente: ieri “brave persone” oggi “persone educate e composte”, come a smentire che la storia non si ripete.

Quel che il sindaco e gli abitanti di Brescello (purtroppo come tanti altri) non vogliono neppure prendere in considerazione è la sicura, accertata forza relazionale della ‘ndrangheta soprattutto nei piccoli centri, cioè la sua costante ricerca di credito sociale attraverso stretti rapporti con le amministrazioni locali e la popolazione: senza commettere reati che creino troppo allarme, ma facendo valere come immanente (senza strafare) la forza che comunque discende dal loro persistente legame con l’organizzazione criminale le cui radici restano in Calabria.

Con il risultato di un sotterraneo, crescente intreccio con il mondo “per bene” e di una progressiva intensificazione dell’inquinamento dell’economia pulita ad opera di quella illegale. A volte facilitata dal fatto che un aiutino per superare le difficoltà economiche contingenti può anche far comodo e può indurre a negare di avere a che fare non persone poco raccomandabili”.

(www.piolatorre.it)

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