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Riciclaggio di un certificato da 870 milioni di dollari: arrestato a Rubiera l’imprenditore calabrese Antonino Napoli

9/10/2014 – E’ stato coinvolto, e ora condannato, nell’ambito della maxi operazione condotta nell’agosto del 2011 sotto la direzione della Dda di Reggio Calabria che smantellò una colossale operazione di riciclaggio di denaro, messa in piedi attraverso l’intermediazione di esponenti di spicco della ‘ndrangheta e di Cosa Nostra. Furono venti le persone arrestate in tutta Italia con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla truffa e alla falsificazione di titoli di credito.

Tra loro anche un imprenditore calabrese di 60 anni originario di Polistena, trasferitosi nel reggiano. L’altro pomeriggio è stato arrestato dai Carabinieri di Rubiera che hanno dato esecuzione all’ordine di carcerazione emesso dall’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, essendo divenuta esecutiva la condanna. Per quei fatti infatti l’imprenditore calabrese è stato condannato a 3 anni e 2 mesi di reclusione: sottratti i periodi di carcerazione preventiva, deve scontare un residuo pena pari a 2 anni, 8 mesi e 4 giorni di reclusione.

Dall’altro pomeriggio il 60enne Antonino Napoli si trova nel carcere di Reggio Emilia dove è stato condotto dai Carabinieri di Rubiera che l’hanno rintracciato in zona.

L’indagine Artù aveva preso le mosse dal sequestro avvenuto a Rosarno (RC) il 29 settembre 2009, di un Certificato di deposito (in oro) del valore nominale di 870 milioni di dollari, emesso nel 1961 dal Credit Suisse e intestato all’allora dittatore indonesiano Sukarno. Il certificato era in possesso di due persone originarie di Taurianova, vicini alla cosca egemone Fazzalari-Viola-Avignone.

Nell’agosto del 2011 il GIP del Tribunale di Reggio Calabria, al termine di una inchiesta a vasto raggio della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ha emesso 20 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti coinvolti nell’inchiesta, tra i quali Antonino Napoli, uno dei personaggi chiave della vicenda: il certificato fu trovato a bordo proprio della macchina su cui viaggiava insieme al collaboratore Michele Fidale e fermata il 29 settembre di cinque anni fa dalla Guardia di Finanza al casello di Rosarno.

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