27/10/2014 – Più di 250 persone hanno gremito la chiesa di San Filippo Neri nel centro di Reggio, sabato pomeriggio, per l’iniziativa promossa dalla Far-Studium Regiense in omaggio a tutte le vittime militari e civili della Grande Guerra, nel centenario dello scoppio del primo conflitto mondiale.
Aperta dal presidente della Far, Carlo Baldi, la manifestazione è stata caratterizzata della lectio sui temi della guerra tecnologica, della sua disumanità e della memoria tenuta dal professor Roberto Balzani, docente di Storia contemporanea all’università di Bologna.
È proseguita con l’emozionante lettura da parte di Benito Solarino di una lettera del padre ufficiale scritta dal fronte, nel 1916, quando rimase ferito più volte e perse la mano destra mentre guidava i suoi uomini all’assalto.
Poi tutti in piedi per un momento di raccoglimento sulle note toccanti del Silenzio Fuori Ordinanza eseguito alla tromba dal Maestro Paolo Davoli. Infine tanti applausi per il coro dell’Uisp diretto dal Maestro Luciano Bonacini, che ha eseguito alcuni canti fa i più noti della Prima guerra
mondiale, e l’Inno di Mameli a conclusione dell’incontro.
La professoressa Valli ha portato il saluto di monsignor Tiziano Ghirelli. Tra i presenti, anche monsignor Landini, l’on. Otello Montanari, il presidente di Istoreco Mirco Carrattieri, esponenti della cultura e della politica, una delegazione dell’Associazione nazionale Alpini e ed esponenti delle altre Associazioni d’arma.
LA PRIMA GUERRA TECNOLOGICA
Il professor Balzani ha spiegato come la competizione tecnologica pacifica tra i Paesi europei iniziata nella seconda metà dell’Ottocento, presto diventata anche competizione coloniale (soprattutto tra Francia e Regno Unito) e infine competizione sportiva con le prime Olimpiadi, si sia
trasformata ai primi del Novecento in competizione militare, con la corsa alle corazzate e ai mezzi di distruzione di massa sempre più grandi e potenti.
La Germania si distinse per l’enorme sforzo di riarmo, e in genere i bilanci degli Stati (anche degli Usa e del Giappone) venivano assorbiti per il 20-25% dalle spese militari.
Nel 1914 l’umanità inaugura così l’industrializzazione della morte: la battaglia della Somme del 1916 costituì un esempio senza precedenti di sterminio dei soldati pianificato a tavolino con l’impiego massiccio delle nuove tecnologie militari. L’entrata in scena della mitragliatrice rappresenta la svolta: il soldato cessa di essere tale come individuo, per diventare parte di una massa da colpire alla cieca.
LA DISUMANITÀ
All’industrializzazione della morte corrisponde la distruzione della stessa personalità del soldato e degli universi individuali: concetto spiegato da Balzani anche con citazioni di lettere dal fronte e di poesie di guerra. Distruzione delle identità di masse di giovani contadini, trattamenti crudeli, annullamento, distruzione dello stesso scorrere del tempo: i fanti dormivano di giorno e lavoravano di notte a scavare le trincee. E il bel tempo era una maledizione perché quando c’era il sole, i soldati venivano mandati all’attacco.
Balzani ha parlato anche del moltiplicarsi delle psicosi da trincea: non a caso nel primo conflitto si assiste all’esplosione dei trattamenti con elettroshock, come forma di terapia punitiva nei confronti dei soldati preda di quello che veniva definite in modo sprezzante “malattie della morale”.
LA MEMORIA
Dopo la guerra ogni tentativo di recuperare il senso dell’individuo nella sua comunità di riferimento, viene decisamente osteggiato dal fascismo. Si arriva anche a proibire i parchi della Rimembranza, che sorgevano in tutto il Paese, in cui veniva piantato un albero per ogni caduto.
POTEVA ESSERE EVITATA?
L’interrogativo è stato posto dal presidente di Far-Studium Regiense Carlo Baldi, nel suo intervento di apertura.
“Siamo d’accordo con chi ha ritenuto che la Grande Guerra sia stata “il primo atto della distruzione d’Europa”, guerra che, come hanno scritto diversi autori, avrebbe potuto essere interrotta nel primo periodo, se la prudenza e la buona volontà fossero prevalse”, ha detto Baldi.
“Come è stato affermato da molti storici, l’entrata in guerra italiana fu un errore e poteva essere evitata. Ciò, tra l’altro, perché l’Italia avrebbe potuto vedere soddisfatte, anche senza la guerra, una buona parte delle proprie richieste. Se ciò fosse avvenuto forse la storia italiana e quella europea del XX secolo sarebbero state diverse e migliori”.
Invece “carestia, miseria, disordine, odi profondi furono l’humus su cui germogliarono la violenza, il fascismo ed il nazismo, innalzando templi alla retorica ed alla demagogia e portando in seguito alla, ancor peggiore, seconda guerra mondiale”.