di Pierluigi Ghiggini
20/9/2014 – Affari con i mafiosi (affari per miliardi nel corso degli anni), speculazioni sulle aree, occupazione di interi settori economici come edilizia e autotrasporto, mani su concessioni, appalti e strumenti urbanistici, politici che comprano ville da uomini sotto inchiesta per mafia, ombre pesanti su presunti intrecci a livello istituzionale (e su cui ha acceso un faro la Dda dopo la famosa “lettera del corvo”).
Pizzo, usura, una quantità incredibile di incendi dolosi notturni, che colpiscono soprattutto automobili di proprietà soprattutto di calabresi. Sequestri di beni e società per milioni, e su tutto questo circa quaranta interdittive antimafia firmate dall’ex prefetto Antonella de Miro: un’iniziativa senza precedenti nella storia reggiana, che ha aperto molti occhi e ha arginato il dilagare di famiglie e capitali di ndrangheta, mafia e camorra.
È il vaso di Pandora griffato Reggio Emilia bene in vista sul tavolo della Commissione parlamentare antimafia che finalmente ha cominciato la propria seduta straordinaria a Bologna, dedicata proprio alla criminalità organizzata in Emilia-Romagna.
La presidente Rosy Bindi, a riprova di un ambiente pericolosamente inquinato, e riferendosi alle elezioni regionali di novembre, ha annunciato controlli stringenti sulle liste dei candidati per contrastare il voto di scambio tra le cosche, gli eletti e gli amministratori.
La Bindi si riferiva anche al caso eclatante di brogli elettorali – anche di questo si occupa la direzione distrettuale antimafia – venuto a galla alle ultime comunali con le preferenze aggiunte a favore di due candidati Pd (che siedono in un consiglio, e uno è stato nominato presidente di commissione) su schede già votate in due seggi elettorali di via Monte San Michele e via Premuda a Reggio.
E certamente aveva in mente i viaggi elettorali a Cutro dei candidati sindaci, fra cui Graziano Delrio. Era il 2009, e non c’era ancora la consapevolezza di oggi. Dominava il teorema degli “anticorpi” e ci sono voluti Antonella De Miro, le indagini delle forze dell’ordine, le denunce dell’ex presidente camerale Enrico Bini per svegliare politici amministratori, imprenditori e cittadini.
“La commissione antimafia ha già offerto un codice alle forze politiche per la formazione delle liste” ha detto Bindi all’uscita dall’audizione tenuta in prefettura, durante la quale ha parlato insieme ai magistrati del radicamento delle mafie in Emilia. “Intendiamo rafforzare le regole di questo codice e renderle più vigorose soprattutto perché il Parlamento ha approvato il 416ter che colpisce il voto di scambio tra politica e mafia”. Inoltre ha annunciato un giro di vite su appalti pubblici e privati, falso in bilancio e affari delle mafie dei colletti bianchi, terminale decisivo del riciclaggio.
Va ricordato che a Reggio e nella Bassa sono insediati diversi clan, su cui spiccano i Dragone, i Grande Aracri, gli Arena di Cutro e Isola Capo Rizzuto; che a Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino, sono stati sequestrati beni e denaro per oltre tre milioni di euro e che l’inchiesta sul cerchio magico di Michele Zagaria ha toccato la Bassa, in particolare il costruttore numero 1 di Fabbrico, Antonio Nocera, che ha venduto una villa (mezzo milione al rustico) all’ex sindaco del Pd Roberto Ferrari, poi assessore provinciale all’urbanistica e infine, sino alla primavera, segretario provinciale del Pd di Reggio.
Mafie e affari, l’intreccio svelato dai giovani di Cortocircuito. Il collettivo reggiano ha presentato il nuovo film sulla ’ndrangheta nella Bassa. Minari: “Tanti reggiani non parlano, altri hanno fatto soldi con questa gente”.
Più potere di intercettare ai magistrati che fanno le indagini su reati come la corruzione, maggior rigore invece in fase di pubblicazione delle conversazioni. Sono gli altri temi affrontati dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia, che ha parlato anche della riforma della legge sulle intercettazioni telefoniche. Per Bindi occorre infatti distinguere «tra il potere della magistratura e la fase di pubblicazione», una fase in cui «maggior rigore e una maggiore regolamentazione andrebbero introdotta». Ma «certamente non sarei per togliere i poteri alla magistratura di far le indagini».
Per alcuni reati, ha proseguito, dicendo di pensare «soprattutto alla corruzione, gli strumenti per fare indagini devono essere rafforzati, se vogliamo combattere la mafia. Perché non tutti i corrotti sono mafiosi, ma tutti i mafiosi sono corrotti e corruttori».
luciano cesare
20/09/2014 alle 19:04
Giusto,ben venga la denuncia da parte di tutti noi cittadini,senza guardare al colore partitico..Sappiamo che..pecunia non olet,,si fanno corrompere persone di destra,di sinistra,di centro..Noi cittadini dobbiamo denunciare i casi di corruzione,senza farci intimidire..Bravo Angelini!
Hai suonato una campana e la campana suona per tutti noi!
Raina
21/09/2014 alle 17:48
C’è’ qualche imprecisione nell’articolo. I giornalisti dovrebbero fare piu’attenzione.
Pierluigi
22/09/2014 alle 13:45
Può specificare meglio e entrare nel merito? Prontissimi a chiarire e a correggere le imprecisioni. Oppure era solo, per così dire, un avvertimento?