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Pestaggi, maltrattamenti, fratture: ha martirizzato la sua compagna per anni. In manette reggiano di 43 anni

6/8/2014 – Con l’arresto di un reggiano di 43 anni, la Squadra Mobile di Reggio Emilia ha messo fine al martirio della sua compagna, una giovane donna madre di due figli, maltrattata e picchiata per anni.

La vittima era finita più volte all’ospedale, anche con la milza lesionata, ma non aveva mai denunciato il compagno-padrone. L’ennesima aggressione, di una brutalità inaudita, ha spinto la donna a rompere gli indugi: qualche giorno fa si è presentata in Questura col volto tumefatto e dolorante. Era stata appena curata al Santa Maria Nuova, con una prognosi di 15 giorni.

Ecco la storia raccolta dalla Squadra Mobile: una storia che sembra tratta da un film dell’orrore.

Sette anni fa la donna aveva iniziato una relazione sentimentale con un uomo conosciuto sul posto di lavoro, e che era cliente dell’azienda dove lei lavorava. I due decidevano di andare a convivere in un comune della
provincia; come detto, la donna era mamma di due bambini nati da una precedente relazione.

Ma dopo due/tre anni di convivenza, ha raccontato la vittima, il compagno ha cominciato a manifestare un carattere violento, sia in casa che sul posto di lavoro, e proprio lì era costretta più volte a chiedere l’aiuto delle forze dell’ordine per difendersi: una volta lui l’ha pestata e le ha strappato i vestiti, e solo l’intervento di persone presenti sul posto ha scongiurato guai peggiori.

Proprio in quel periodo la donna perdeva il lavoro, veniva licenziata. Inoltre i Servizi Sociali, venuti a conoscenza della situazione, intervenivano a favore dei piccoli, avocandone l’affidamento e collocandoli presso il padre naturale.

L’assenza dei bambini dalla casa non migliorava le cose, anzi l’escalation di violenza si faceva sempre più drammatica. Gli episodi erano ormai tanti e continui che la sventurata riesce solo a ricordare le date, peraltro numerose, in cui è finita all’ospedale.

Come nel dicembre 2011, quando il convivente al culmine di una lite l’aveva colpita con calci all’addome provocando la rottura della milza con successivo ricovero e intervento chirurgico. In un’altra circostanza, dopo averla malmenata, le aveva rotto il telefono cellulare e non contento, per evitare qualsiasi possibilità di richiesta di aiuto, era arrivato a tagliare il filo del citofono. Ricovero ospedaliero anche in quella occasione, per frattura delle dita.

Un’altra volta ancora, il bruto le aveva fratturato le costole a suon di pugni.

Tuttavia, nonostante le innumerevoli violenze, condite da angherie di ogni genere, la donna aveva continuato la relazione perché sperava che l’uomo cambiasse e anche per una sorta di compassione (o sindrome di Stoccolma?) in quanto, a seguito delle numerose denunce a suo carico, gli era stato vietato dal giudice di dimorare nello stesso comune.

Per aggirare il divieto i due, nel giugno scorso, sono andati a convivere in affitto in una casa a Reggio Emilia. E infatti il calvario riprendeva, se possibile peggio di prima: oltre alle aggressioni fisiche l’uomo dava sfogo a una violenza verbale molto pesante, le strappava le  foto con dei suoi bambini e dei suoi famigliari defunti, le tagliava i vestiti e gli indumenti intimi, le sfasciava le scarpe.

Il culmine di questa esistenza indicibile e stato raggiunto l’8 luglio, quando, alle 5,30 del mattino, l’uomo è rientrato in casa ubriaco e, nonostante la donna si adoperasse per preparagli il caffè, ha cominciato a coprire d’insulti la sua compagna e, afferrato un bastone, l’ha colpita alla testa, poi ha preso una scopa e l’ha colpita ancora, per poi prenderla a calci.

A quel punto la donna, in pigiama, è riuscita a scappare e a chiedere aiuto in un bar vicino casa. Era in condizioni pietose, con una ferita sanguinante e in stato confusionale, ma non ha voluto andare all’ospedale. Per di più la sua auto parcheggiata sotto casa era sparita: l’aveva presa il compagno per fuggire. E’ stata poi trovata poco lontano, con il piantone dello sterzo spaccato e i vetri rotti.

La donna, accompagnata in Ospedale dove è stata curata e dimessa con prognosi di 15 giorni, si è poi rifugiata in casa dei parenti, che infine sono riusciti a convincerla a denunciare l’uomo.

La Squadra Mobile, ricostruita l’intera vicenda, ha così richiesto e ottenuto alla Procura della Repubblica la misura per l’uomo, che ora è in carcere. Fuori, c’è una donna distrutta.

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