18/8/2014 – Il gossip sulle frizioni insanabili tra il premier Matteo Renzi (detto Mosè) e Graziano Delrio (detto Ietro), è come i temporali di questa estate, che non finiscono mai. Le smentite fioccano, ma non riescono a reggere il ritmo forsennato delle “rivelazioni”, autentiche o tarocche che siano.
Giorni fa Cesare Lanza ha pubblicato sul suo blog l’indiscrezione sulle dimissioni presentate ben tre volte (come il tradimento di Pietro…) dal sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio, ma implacabilmente respinte dal premier. Lo scoop è stato prontamente smentito dalla portavoce di Delrio Luisa Gabbi (che l’ex sindaco di Reggio ha voluto al suo fianco anche a Roma), ma tant’è: il temporale è diventato una grandinata che non accenna a placarsi.
Sullo sfondo, in tutta evidenza, ci sono le elezioni anticipate in Emilia-Romagna, che a Roma vengono considerate la soluzione ideale per la rimozione con onore di Delrio, ma lui non la intende, considerato anche il rischio di vedersela con Richetti e Bonaccini alle primarie. Il fatto che Michele Delrio, figlio dell’ex sindaco, abbia firmato un appello per Richetti governatore, viene interpretato come un segnale inequivocabile.
Questa mattina Giacomo Amadori su Libero ha ripreso l’argomento con una paginata sotto il titolo “Delrio e Renzi alla guerra dei mandarini”. Sotto, per entrare subito in argomento, una foto di Graziano scuro in volto come non mai (nemmeno quando le telecamere della “7” lo hanno cuccato mentre usciva da casa Debenedetti), preso a tenaglia tra le fotografie del fido Mauro Bonaretti, che da direttore generale del comune di Reggio è diventato direttore generale di palazzo Chigi, e di Antonella Manzione, l’ex comandante dei vigili urbani di Firenze che Matteo Renzi ha voluto con sé a Roma, a costo di sfidare la Corte dei Conti, come capo dipartimento Affari Giuridici della Presidenza del consiglio.
Fra i due, Bonaretti e Manzione, la tensione sarebbe molto alta al punto da influire sugli equilibri del gabinetto Renzi. Dicono a Roma che Bonaretti veda la “vigilessa” come il fumo negli occhi.
Scrive Amadori su Libero: “Due ingranaggi fondamentali nel motore del governo. La prima è quella che deve mettere a punto le norme necessarie al governo e vistare tutti i provvedimenti che i ministeri propongono.
Il secondo è il filtro di tutte le decisioni più importanti, quello che al mattino smista i dossier più urgenti e li deposita sulla scrivania del premier”.
“Una coppia d’assi, Manzione e Bonaretti, che deve gran parte della propria carriera alla cooptazione e alla fedeltà”, ma anche icone “della sfida tra i mandarini delle opposte fazioni”. Dove le opposte fazioni, per capirci, sarebbero Renzi e Delrio.
Secondo Amadori “la Manzione si deve essere legata al dito le presunte barricate di Bonaretti all’annuncio del suo sbarco a palazzo Chigi”. La soluzione più logica sarebbe quella di sostituire uno, se non entrambi i contendenti, ma “nessuno dei loro pigmalioni vuole ammettere di aver scelto un collaboratore probabilmente non all’altezza. Così la guerra continua”.
Sino a coinvolgere per vie traverse l’Anci, l’associazione dei Comuni di cui Delrio è stato presidente, dove si fronteggiano i partiti dei “manzioniani” di osservanza renziana e dei partigiani Delrio-bonarettiani.
Il garbuglio sarebbe inestricabile al punto da imporre una exit strategy.
“L’ultima proposta che gli ambasciatori di Renzi avrebbero fatto a Delrio – scrive Libero – è la poltrona di governatore dell’Emilia-Romagna (elezioni a novembre). Ma l’ex sindaco di Reggio Emilka avrebbe opposto il gran rifiuto, gettando nello sconforto i due clan e costringendo l’Italia a subire questa convivenza forzata nella stanza dei bottoni.