25/7/2014 – Inaugurato venerdì scorso a Porto Ercole il parco funerario intitolato a Caravaggio, con la tumulazione, in un’urna, dei resti attribuiti al Merisi: il pittore proprio all’Argentario avrebbe trovato la morte esattamente 404 anni fa, il 18 luglio 1610. Così secondo la ricerca condotta da un comitato di esperti presieduto da Silvano Vinceti (scandianese – ndr), anche presidente della Fondazione Caravaggio, tra i presenti alla cerimonia insieme al sindaco di Monte Argentario Arturo Cerulli. (Ansa)
Il giornalista, scrittore e “cacciatore di ossa” Vinceti si è occupato anche di uno studio sul dipinto della Gioconda (con tanto di nuove scoperte e inedite ipotesi, anche numerologiche, che hanno interessato i mass media e gli appassionati d’arte di tutto il mondo), nonché della ricerca dei resti di Lisa Gherardini, probabilmente la celebre Monna Lisa del capolavoro di Leonardo da Vinci.
Caravaggio, monumento funebre alla probabilità
A Porto Ercole un’arca ospiterà le ossa attribuite al grande artista.
Il Comune ha speso 65.000 euro nella speranza di attirare i turisti
-> di Andrea Scutellà per il TIRRENO (19 luglio)
Uno dei tanti libri che il reggiano Silvano Vinceti ha dedicato alle sue ricerche storico-artistiche
Porto Ercole. L’Argentario dedica un parco funerario a Caravaggio e lo fa tra le polemiche. Nel 404º anniversario della morte del geniale pittore, vengono deposti quelli che (forse) sono i suoi resti all’interno dell’arca funeraria commissionata dal Comune di Monte Argentario. Ma sull’autenticità delle ossa e sul valore artistico della tomba le perplessità sono molte. È più un sarcofago che un mausoleo, considerando che il proverbiale monumento funebre del satrapo di Alicarnasso Mausolo aveva una superficie di 130 metri.
«La presentazione è andata molto bene – racconta con soddisfazione il sindaco Arturo Cerulli – c’era tantissima gente, e testate giornalistiche e televisive. Complimenti a tutti quelli che hanno collaborato». Oltre i sorrisi, però, c’è la questione della veridicità dei resti. E qui il sindaco glissa: «Io non ero presente quando Caravaggio è morto, né sono un esperto di ossa. Io penso che siano vere, come sono vere in tante altre situazioni simili. Quando vedo le reliquie dei santi io ci credo che sono vere. Ma quando sono morti non c’ero io e non c’era nemmeno il prete».
Si tratta di un monumento funebre alla probabilità, dunque. Oppure di una questione di fede. In ogni caso è una riuscita operazione di marketing turistico. «Purtroppo l’anniversario della morte del Caravaggio è il 18 luglio, quando il turismo c’è già – aggiunge il sindaco -: se fosse morto in bassa stagione sarebbe stato meglio».
L’iniziativa è costata, tra spese di promozione e spese di realizzazione, 65mila euro. «Il Comune ha finanziato un’opera fantastica, solo l’arca funeraria costerebbe 70-80mila euro, noi l’abbiamo pagata appena 15mila», rivendica orgogliosamente Silvano Vinceti, l’uomo che ha diretto le ricerche.
L’annuncio trionfale del ritrovamento dei resti è dell’estate 2010, a ridosso del 400° anniversario della morte del pittore. Il 4 luglio le ossa venivano trasportate a bordo del brigantino Barbarossa di Cesare Previti a Porto Ercole, dopo essere state analizzate da un’équipe di esperti guidata da Vinceti. I resti sarebbero stati individuati tra gli altri 200 scheletri umani presenti nell’ossario della Chiesa di Porto Sant’Ercole, dove sarebbero stati trasportati dal cimitero della frazione di Monte Argentario nel 1956.
Attraverso gli esami del terreno e del carbonio 14 gli esperti avrebbero individuato una rosa di scheletri con caratteristiche simili a quelle di Caravaggio. Poi il test del Dna che avrebbe confermato la compatibilità – con una probabilità compresa tra l’85 e il 90 per cento – con alcuni discendenti della famiglia Merisi, il cognome di Caravaggio.
Vinceti sembra profondamente convinto della veridicità delle sue ricerche anche se precisa che «la scienza prevede un ragionevole dubbio». Tomaso Montanari, invece, docente di Storia dell’Arte all’Università di Napoli e collaboratore del Fatto Quotidiano, definisce «risibile» la ricerca dello studioso. «Sono sicuramente ossa umane, ecco cosa possiamo dire. Questi ricercatori hanno scelto persone a caso con il cognome di Merisi e hanno supposto che discendessero dal pittore». Vinceti ha già querelato Montanari e adesso annuncia: «Lo sfido a un pubblico dibattito nella piazza di Porto Ercole». Lo storico dell’arte risponde che raccoglierà il guanto solo «quando la ricerca verrà pubblicata su una rivista scientifica seria».