16/7/2014 – Questa crisi spinge non solo al suicidio, ma anche ad uccidere il prossimo per poche migliaia di euro. Naturalmente dietro c’è lo stress che porta alla follia, e ci sono i bilanci di vite spesso amare, profondamente segnate da sacrifici senza costrutto e dagli errori propri e degli altri.
Ma è questa la drammatica lezione che emerge dalla lettera-testamento lasciata su un tavolo da Carlo Ghidoni, l’elettricista di 63 anni che domenica mattina ha ucciso a freddo il dottor Amos Bartolino a Santa Caterina di Concordia nel cantiere della casa di proprietà del noto professionista, direttore di Oculistica all’ospedale di Correggio.
Dopo il delitto, e il tentativo fortunatamente fallito di uccidere anche il testimone Fabrizio Casaglia, Ghidoni ha rivolto la pistola contro di sé, togliendosi vita.
Il testo della lettera, scritto in prima persona, è al tempo stesso agghiacciante e toccante. Toccante perché è l’annuncio lucido di un suicidio pianificato da tempo, con le ultime volontà punteggiate di rabbia, rancori, ma anche rassegnazione e dolore per la sorte che gli ha riservato l’esistenza.
Ma anche tanto affetto per i genitori, ai quali chiede scusa, e verso una donna, probabilmente l’ex compagna, per “l’amore che mi ha dato”.
Al tempo stesso il testo è agghiacciante perché annuncia un delitto orribile, quello del dottor Bartolino, “che paga anche per tutti gli altri”. Quindi un omicidio premeditato, non un raptus, meditato con lucida follia. E non è l’unico che avrebbe voluto ammazzare: “L’unico dispiacere è non portar via con me anche gli altri creditori che mi devono dei soldi”.
E ancora prima l’invettiva contro lo Stato: “Se sono arrivato a questi punti è perché lo Stato fa schifo… I piccoli lavoratori come me non sono tutelati e qualsiasi persona che fa fare i lavori e non li paga è impunita”.
Carlo Ghidoni lascia dietro di sé una lunga scia di dolore. Ne è consapevole e chiede di essere dimenticato. Ha lasciato scritto che non vengano celebrati funerali né messe, che il suo corpo sia cremato e le ceneri sparse “sulla tomba della luna”.
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LA LETTERA-TESTAMENTO DI CARLO GHIDONI
Il sottoscritto Ghidoni Carlo, in pieno possesso delle mie piene capacità mentali, lascio queste poche righe scusandomi per il dolore che sto dando. Ma purtroppo non ne posso più della mia situazione economica e morale. Se sono arrivato a questo punto è perchè lo Stato italiano, in qual modo la
giustizia italiana, fa schifo.
I piccoli lavoratori come me non sono tutelati e qualsiasi persona che fa fare i lavori e non li paga è impunita. Ma tralasciando questo particolare io sono arrivato all’apice della mia sopportazione.
In qual modo il soggetto Bartolino Amos è stato uno solo dei tanti che fanno fare i lavori e poi per un qualsiasi motivo non paga. Bene. Ora paga anche lui per tutti gli altri.
Mi assumo io ogni responsabilità di quello che è successo. Ne approfitto per dare alcune mie ultime volontà.
Non voglio assolutamente nessun tipo di funerale, nè civile e assolutamente religioso, per cui neppure estrema unzione.
Il mio corpo deve essere cremato e le mie ceneri gettate sulla tomba della luna.
Non voglio assolutamente nessun membro della Iskdo alla mia dipartita. Anzi, vorrei che fosse detto al presidente che io non c’entro nulla col famoso ammanco, ma lo ringrazio per la fiducia che ha avuto nei miei confronti.
Ora ai miei genitori. Lo so che non è giusto che un figlio muoia prima dei genitori e in questo modo, ma non ne posso più e soprattutto non voglio più essere di peso per voi e per nessuno. Mi scuso per il dolore, ma questa soluzione era stata solo rimandata nel tempo, ma ora è arrivato il momento.
Le chiavi le ha anche… Ha delle cosa sue da me. Il computer dentro la borsa (nell’armadio) è suo e vorrei che lo riavesse.
Il computer che è sempre nell’armadio è da spedire a… per…
Non so l’indirizzo ma lascio il suo numero che servirà anche per avvisarla di quello che é successo e dirle che mi dispiace ma non ce l’ho fatta ad andare oltre, ma la ringrazio per l’amore che mi ha dato. Sarò sempre al suo fianco e al fianco di…
Dalla Sei di Carpi devo avere i soldi della festa dell’Unità. Me li devono versare ai primi d’agosto.
Per favore fate un versamento di 1000 euro…, il resto lo tenete voi genitori. Vendete le mie cose e il ricavato lo tenete per pagare le spese.
Se ve la sentite, aiutate… Non ha colpa di quello che è successo. Vi prego, tenete con cura la mia titina. Che viva i suoi ultimi giorni in tranquillità.
Le parole mi si chiudono in gola, avrei tanto da dire a tutti, ma è meglio che mi tenga tutto per me. Di una cosa posso dire, se leggete questa lettera vuol dire che il carissimo… come tanti altri ha fatto il furbo, ma l’unico dispiacere è quello di non aver portato con me anche gli altri creditori che mi devono dei soldi. L’unica cosa che posso augurare a queste persone è che se li godano in medicine. Ora saluto chi mi è stato vicino. E non piangete per la mia mancanza. Io ho finito di soffrire.
Laura
11/01/2015 alle 21:15
Non ci posso credere…sono scioccata!
Entrambi li conoscevo e mi e’ venuto un colpo al cuore.
Sapevo che Carlo il mio maestro di Taichi aveva problemi causa lavoro ,ma mai avrei pensato che arrivasse a tanto! E il ” dottore “che io chiamavo sempre in questo modo scherzosamente non capisco perche’non l abbia pagato. Almeno in parte!
Quanto dolore…
Laura
Francesco
10/09/2016 alle 11:23
Che paese…..
Io lo conoscevo bene e non me ne capacito, ma lo capisco.
Ciao Carlone!!!!
Un’abbraccio.