Fatture false, interrogatorio fiume per Gibertini: “Il capo non sono io”. E la moglie non lo vuole in casa?

23/6/2014 – Operazione Octopus: c’è una cupola rimasta nell’ombra?

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Interrogatorio fiume oggi per Marco Gibertini, il giornalista sportivo e volto televisivo di Telereggio finito in carcere come “cervello” dell’enorme giro di fatture false e riciclaggio scoperto da Carabinieri e Guardia di Finanza.

L’interrogatorio, chiesto dallo stesso imputato, si è svolto nell’ufficio del sostituto procuratore Valentina Salvi. E’ durato più di cinque ore, dalle 9,30 alle 15. Quando “Gibo” è tornato in carcere alla Pulce (dove non gli è permesso di vedere né moglie né figli) l’avvocato Cataliotti ha spiegato che il suo cliente ha teso a sminuire il proprio ruolo nella vicenda “Octopus”, quel sistema di fatturazioni false che, secondo l’accusa, ha raggiunto la vertiginosa cifra di 33 milioni di euro, grazie alla quale ne sarebbero stati evasi ben 13 di tasse.

Gibertini ha negato di essere il capo dell’organizzazione ritagliando per sè il semplice ruolo di intermediatore e di procacciatore di clienti, in particolare sul mercato reggiano. Il che equivale comunque ad una ammissione di responsabilità. In sostanza, ci sarebbe qualcuno molto più in alto di lui, ed è quello che sono in molti a pensare, tenendo conto del complesso del fiume di denaro che arrivava dal Sud attraverso finanziatori dell’area partenopea e la rete di una dozzina di società-cartiere incardinate a Roma e nel viterbese.

Le fatture erano per operazioni o acquisti falsi, ma si basavano su di un reale movimento di denaro, spesso soldi da riciclare: e questo denaro, in contanti, veniva materialmente fornito attraverso il lavoro di spalloni che materialmente lo portavano a Reggio dal Sud e dal centro Italia. Chi pagava la fattura, in pratica, lo faceva con soldi non suoi, che però gli erano stati messi a disposizione perché, pagando con bonifico, dava un timbro di ufficialità e di regolarità alla fattura stessa. Per l’accusa, Gibertini aveva contatti con ambienti vicini alla ‘ndrangheta, a Reggio, e al Centro e al Sud con la mala laziale e campana, in particolare napoletana.

L’indagine che lo ha incastrato è iniziata nel 2011, e si è avvalsa di intercettazioni ambientali e telefoniche. Per quanto riguarda queste ultime, Gibertini e i suoi sodali si sentivano tranquilli, convinti di non poter essere intercettati. Invece, con pazienza, gli inquirenti avevano aspettato un loro errore: grazie al quale, una volta commesso, è stato facile ascoltare tutto quanto – convinti di non essere ascoltati – i componenti della banda dicevano liberamente.

LA MOGLIE NON LO VUOLE IN CASA AGLI ARRESTI?

In una delle frasi intercettate, Gibertini ha fatto anche un riferimento alla moglie, dicendo che se si vuole essere onesti, come lei fa, non si diventa mai ricchi. Adesso la moglie non lo vorrebbe in casa neppure agli arresti domiciliari. Oltre a Gibertini, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio, l’inchiesta ha coinvolto, nel reggiano, Mirco Salsi, il fondatore della Reggiana Gourmet (ed ex vicepresidente della Cna di via Maiella), suo figlio Gianluca, l’imprenditore edile cutrese Antonio Silipo, già in carcere per usura, l’imprenditore Omar Costi e il funzionario Cna Andrea Rossi. Fra gli indagati, la moglie di Tristano Mussini, ex presidente provinciale della Cna, per le presunte fatture false intestate alla Cop. Asfalti.

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