19/6/2014 – Inchiesta sul presunto giro di tangenti alle Agenzia delle Entrate. L’architetto Gabriele Beltrami, sua moglie Vanna Montanari e la dipendente dell’Agenzia Giovina Palazzo (sospesa dalle funzioni) hanno fatto scena muta nell’interrogatorio davanti al sostituto procuratore Giulia Stignani, che coordina l’operazione Nottingham, e al Gip Antonella Pini Bentivoglio.
I tre, indagati a vario titolo per le “caramelle” da diecimila euro in cambio dell’archiviazione di certe verifiche fiscali, nonché colpiti dal divieto di dimora nel territorio provinciale, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ma in compenso, fuori dall’aula, hanno parlato i loro avvocati.
E quanto hanno riferito della posizione dei loro assistititi è in linea con quanto, parlando ciascuno per se stesso, avevano detto ieri Anna Maria Corsi, pensionata dell’Agenzia, e il funzionario (anche lui sospeso) Attilio Riga: ovvero niente soldi, o promessa di soldi, ma solo favori ad amici, anche se più o meno consapevoli di commettere una leggerezza.
L’avvocato Alessandro Conti, che difende la Palazzo, ha detto che la donna ha ammesso di aver qualche volta fatto accesso indebito al Serpico – la banca dati dell’Agenzia e della Finanza – su richiesta della Corsi, ma di non aver mai pensato che dietro a questi “inviti” si nascondessero secondi fini loschi o giri di mazzette. La Palazzo era autorizzata ad accedere ai dati di Serpico solo per il settore di sua competenza, cioè quello delle agevolazioni sugli immobili.
Ha spiegato che gli accessi proibiti hanno riguardato in particolare il noto ristorante Amarcord ed i suoi soci. Lei ha eseguito, fornendo i dati richiesti, senza chiedere il perché. “La sua – ha detto l’avvocato – è stata una leggerezza, e la sua posizione ne esce come del tutto marginale”. Conti ha chiesto che l’obbligo di non entrare nel reggiano sia annullato (la donna è attualmente a Carpi, in albergo) e sostituito dall’obbligo di firma.
L’avvocato Nicola Tria, che con il collega Paolo Pierdicca difende i coniugi Beltrami, ha ribadito che i suoi assistiti hanno agito per pura amicizia, senza richiedere soldi. E’ stato lui a suggerire ai due di non rispondere per il momento alle domande del giudice Pini Bentivoglio.
“Preferisco valutare tutte le carte – ha detto – e semmai dopo chiederemo di essere ascoltati direttamente dal pm Giulia Stignani. I miei assistiti mi hanno ribadito di aver fatto tutto per amicizia, e che non si è mai parlato di denaro. Non è scontato – ha aggiunto – che quanto hanno fatto abbia davvero un rilievo penale. In ogni caso la situazione della moglie è ancor più leggera”.
Anche Tria ha chiesto che sia annullato il provvedimento che impedisce ai due di mettere piede nel reggiano, sostituendolo con l’obbligo di firma. Il giudice, come per gli altri, deciderà nei prossimi giorni.