12/4/2014 – Al grido di “meno assessori più cultura” un gruppo di porfessionisti e intellettuali di Reggio Emilia ha lanciato un appello per l’abolizione degli assessori alla cultura, appello pubblicato sul sito del club Unesco di Reggio Emilia.
La provocazione è molto bene argomentata (leggere di seguito) ed è presentata come un aiuto al futuro Sindaco alle prese con la formazione della nuova Giunta e con file di questuanti. La soluzione è l’eliminazione dell’assessorato alla cultura con benefici effetti generali.
“Tra qualche mese il nuovo Sindaco di Reggio Emilia, chiunque esso sia, sarà alle prese con la formazione della nuova Giunta. Con queste poche righe vorremmo dargli una mano, toglierlo dal solito imbarazzo generato dalla fila di coloro che cercheranno di favorire un nome piuttosto che un altro per la posizione della cultura.
La nostra modesta proposta tende a prevenire i questuanti della cultura: abolire l’assessorato alla cultura. Il nuovo Sindaco si toglierà così la rogna di cui sopra, ma soprattutto renderà un servizio alla vita civile, economica e culturale della nostra città. Cos’abbia a che fare la politica (intesa come amministrazione ed esercizio della sfera del diritto) con la cultura (intesa come pensiero e azione di ciò che attiene alla sfera dello spirito) facciamo veramente fatica a comprenderlo”.
L’appello-proposta è firmato: da Marcello Grassi, Stefano Salsi, Corrado Sevardi, Pietro Spagni, Nadia Stefanel, Davide Zanichelli.
Eccone il testo
«Tra qualche mese il nuovo Sindaco di Reggio Emilia, chiunque esso sia, sarà alle prese con la formazione della nuova Giunta. Con queste poche righe vorremmo dargli una mano, toglierlo dal solito imbarazzo generato dalla fila di coloro che cercheranno di favorire un nome piuttosto che un altro per la posizione della cultura.
La nostra modesta proposta tende a prevenire i questuanti della cultura: abolire l’assessorato alla cultura.
Il nuovo Sindaco si toglierà così la rogna di cui sopra, ma soprattutto renderà un servizio alla vita civile, economica e culturale della nostra città. Cos’abbia a che fare la politica (intesa come amministrazione ed esercizio della sfera del diritto) con la cultura (intesa come pensiero e azione di ciò che attiene alla sfera dello spirito) facciamo veramente fatica a comprenderlo.
Ciò è capitato e capita tutt’ora perché si pensa di fare il bene della città affidando alla politica due funzioni storicamente legate alla possibilità di fare cultura: una funzione strettamente economica (senza i soldi pubblici non si fa nulla) e una più sottilmente pedagogica (solo la politica, illuminata ovviamente, può definire obiettivi e strategie per la cultura di una città, nell’interesse dei suoi cittadini). Ecco allora le stagioni dei sindaci illuminati (ne ricordiamo uno solo per la verità a Reggio…) o dei modelli misti: la politica ci mette le idee, i contenuti e parte dei soldi, l’economia privata il resto dei soldi.
Siccome a noi piacciono le contaminazioni, anche quelle tra pubblico e privato, ma non la confusione dei ruoli, proponiamo uno schema tanto innovativo quanto semplice: la politica si occupi del diritto dei cittadini a frequentare i luoghi della cultura (biblioteche, musei, teatri, istituti, spazi espositivi), tenendoli aperti e funzionanti, in ordine nell’organizzazione e nei bilanci; le istituzioni culturali della città (associazioni, fondazioni, Onlus, circoli, tutto il mondo del no profit culturale magari in forma di commissione mista da rinnovarsi ogni due-tre anni) riempiano di contenuti questi luoghi, portando in dote idee, pubblico ma anche denaro, attraverso la raccolta fondi per quanto possibile fiscalmente deducibili da parte degli attori della sfera economica.
In questa città (senz’altro tra le più ricche d’Italia e con un tessuto sociale sostanzialmente ancora in salute) bisognerebbe aprire una discussione seria sulla atavica carenza di Fondazioni per la cultura (debolissime finanziariamente o circoscritte a visioni parziali e di breve respiro quelle attive), in grado di far convergere patrimoni e capitali privati da mettere al servizio di progetti per la comunità.
Certo se vivessimo in un paese minimamente più civile gli investimenti privati in cultura sarebbero detassati come merita un organismo sano in cui la vita dello spirito (quella che produce innovazione e benessere) venga sostenuta da denaro vivo e pieno di volontà (il denaro di donazione) e non da denaro morto (il denaro delle tasse).
In questo modo chi avrà più filo (buone idee e forze per sostenerle) tesserà più tela (eventi sentiti e voluti dalla città e non da un singolo assessore e qualche suo amico), magari in direzioni finora mai percorse anche per mancanza di coraggio o visione.
Dunque forza signor nuovo-Sindaco di Reggio Emilia, abbia il coraggio di scontentare le velleità di qualcuno per lanciare un nuovo modo di far lavorare insieme economia e società a favore di una rinascita culturale della città».
Marcello Grassi, Stefano Salsi.,Corrado Sevardi, Pietro Spagni, Nadia Stefanel, Davide Zanichelli
La Gio
13/04/2014 alle 09:47
Suvvia niente ipocrisie…basta solo vedere lo stretto “rapporto” su cui lavora da sempre ed oggi più di prima la cosiddetta sinistra, nell’ambito di Scuola&Educazione…
Inoculare ‘cultura’ di una certa “politica” fin dall’infanzia serve e produce succulenti simpatizzanti e futuri votanti.
Del resto il Renzie, in perfetta continuità storica, ha già fatto la sua bella comparsata tra innocenti agnelli-bambini in una scuola, senza che nessuno si disgustasse più di tanto, nemmeno le ‘menti ufficiali’.
La sinistra, ritenuta da sempre erroneamente la depositaria esclusiva della “Cultura”, può permettersi di tutto, anche scegliere o scartare a suo piacimento, i cosiddetti portavoce “intellettuali” o rappresentanti.
Molti sono montati ‘sul carretto’ e con 4 cazzate da inoculare al pubblico a dosi preordinate sono diventati, però con un certo riconoscimento a monte… miliardari e oggi milionari.
Spesso questi individui non hanno nemmeno titolo e professionalità per occuparsi di cultura.
O meglio, per esempio a Reggio Emilia, dovrebbero curare tuttalpiù la Fiera del Bue Grasso o le Sagre di Paese ( con tutto il rispetto per queste folcloristiche manifestazioni).
Suggerisco umilmente a chi ha firmato l’appello di fare un Convegno a Reggio sul concetto di Autentica Cultura, ovviamente separandola dal ‘grasso che cola’, che fino a prova contraria non poggia mai sull’imperante materialismo.
Cordialità