15/4/2014 – Con l’approssimarsi del 25 aprile, aumenta la tensione intorno alla croce di Cernaieto, che dal 2006 ricorda le vittime della fossa comune nel bosco della Trinità: almeno 24 persone uccise dai partigiani comunisti nei giorni della Liberazione. Tra questi i militi della repubblica di Salò che si erano arresi dopo l’assedio durato una notte intera a casa Bedogni di Montecchio, ma anche diverse donne. Tra i corpi ritrovati anche quelli di quattro ragazzi: uno aveva la stessa età di Rolando Rivi, il seminarista di San Valentino trucidato a Monchio (sempre un distaccamento partigiano) e beatificato l’anno scorso.
Nei giorni scorsi è apparsa una grossa scritta sulla strada proprio di fronte al bosco di Cernaieto: “Non fare eroi dei giustiziati”. Qualche giorno prima Fabio Filippi, il consigliere regionale di Forza Italia promotore della croce, aveva denunciato ai Carabinieri l’autore di una lunga lettera anonima che lo ha coperto d’insulti anche e soprattutto per Cernaieto.
«Purtroppo sono stato facile profeta – ha scritto Filippi – Dopo la lettera piena di insulti contro di me, puntualmente è arrivata una nuova azione contro la croce di Cernaieto. Per fortuna non un attentato: una scritta apparsa sull’asfalto davanti al bosco della strage compiuta dai partigiani comunisti nel giorni della Liberazione. C’è scritto: “Non fare eroi dei giustiziati”, e meno male che la frase è preceduta da “Uccidere è sempre sbagliato”.
Nondimeno non sottovaluto quella scritta: può preludere ad azioni peggiori, e mi auguro vivamente di no, ma soprattutto sembra fatta apposta per aumentare il dolore dei famigliari dei caduti che salgono sino a Cernaieto non al fine di alimentare contrapposizioni ideologiche, ma per portare un fiore e una preghiera in ricordo dei loro congiunti.
Comunque gli autori non hanno capito o non voglio capire: non si tratta di creare eroi fuori del tempo, bensì di assicurare la dignità della memoria ai vinti e agli innocenti trucidati senza colpa alcuna. Delitti per i quali non ha pagato nessuno, altro che “giustiziati”.
A Cernaieto furono fucilati e sepolti non solo i militi della Gnr che si erano arresi dopo la battaglia di casa Bedogni, in cambio della promessa di aver salva la vita. Furono ammazzati anche donne e ragazzi di 16 anni che certo non avevano ammazzato nessuno».
Conclude Filippi: «La croce ha questo significato: ricordare senza odio, incitare alla verità. La croce di Cernaieto non mette in discussione il buono che la Resistenza ha dato all’Italia, bensì il silenzio che per decenni ha coperto una delle pagine nere scritte dai partigiani.
Non è vero che “è tutto noto”, come ha scritto con insistenza un’anonimo nella sua lettera. Lui stesso sa bene che non è così. Lo dimostrerò nel mio libro sulla strage e sulla croce di Cernaieto, di prossima pubblicazione: spero sia anche l’occasione per avviare un confronto pacato su Cernaieto, come sul cono d’ombra in cui è finita la guerra civile nel reggiano, soprattutto dai giorni della Liberazione in poi».