Decreto svuota-Province:
i risparmi sono svaniti. E c’è pure il rischio di incostituzionalità

di Girolamo Ielo*

8/1/2014 – Bisogna dare atto a Monti d’essere intervenuto per primo sulle Province. Con un primo intervento (l’art. 23, d.l. n. 201/2011) aveva provveduto allo svuotamento delle Province: poche funzioni e organi non più eletti direttamente dagli elettori. Le Province diventavano enti di secondo livello. Siccome questa novità dava limitatissime economie di spese era intervento con un secondo provvedimento (l’art. 17, d.l. n. 95/2012) accorpando le Province sotto parametrate. In questo secondo intervento veniva detto che lo Stato si organizzava sul territorio a livello provinciale. Dall’accorpamento di circa 50 Province e di altrettanti uffici statali (Prefetture, Questure, ecc.) era prevista una economia di spesa annua valutata attorno a 1,6 miliardi di euro. Intanto si provvede al Commissariamento degli organi delle Province nel caso di scadenza naturale del mandato (art.1,c, 115, l. n. 228/2012).

L’attuale governo con con l’art. 12 del d.l. n. 93/2013 prorogava il periodo commissariale al 30 giugno 2014, includendo nel commissariamento anche gli organi provinciali il cui mandato scadeva fino al 30 giugno 2014.

In data successiva, il doppio percorso di Monti è stato bocciato dalla Corte costituzionale (sent. n. 220 del 2013) in quanto era stato utilizzato lo strumento del decreto legge e non quello della legge ordinaria.

In seguito alla sentenza, l’art. 12 del d.l. n.93/2013, di proroga dei commissariamenti, viene soppresso in sede di conversione, in quanto il testo era in palese violazione con la sentenza stessa. Il governo Letta  presenta  un disegno di legge costituzionale di abolizione delle Province con modifica della Carta costituzionale(atto Camera dei deputati n. 1543 del 20 agosto 2013). Il ddl risulta assegnato, in data 15.9.2013, alla Commissione Affari costituzionali.

Viene presentato alla Camera, sempre in data 20 agosto 2013, il ddl (atto Camera n. 1542), contenente tra l’altro lo svuotamento delle funzioni delle Province ( simile al 1° provvedimento Monti). Questo ddl è approvato dalla Camera il 21 dicembre 2013. Infine, nella legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del27 dicembre 2013) è previsto il commissariamento delle Province, già contenuto nell’art. 12 del d.l. n. 93/2013 e poi soppresso.

Queste sono, in modo molto riassuntivo, le norme e le attività parlamentari sulla questione Province. Adesso alcune considerazioni, tenendo conto che degli annunciati ricorsi innanzi la Corte costituzione avverso il ddl n.1542 ( lo svuota Province).

1. Bisogna evidenziare che il ddl n. 1542 del governo non abolisce le Province. L’abolizione può aversi solamente con l’approvazione del ddl. n. 1543 che modifica la Costituzione. Però quest’ultimo ddl è, in sostanza, fermo in Parlamento. Forse l’impegno trasfuso sullo svuota Province si poteva indirizzare sull’abolizione, dove il consenso parlamentare sarebbe stato maggiore. Inoltre, diversamente dallo svuota Province, l’abolizione delle Province  avrebbe dato una risposta concreta alle richieste di cambiamento e di riforme. Ad ogni buon conto c’è da evidenziare che Letta ha dichiarato che l’approvazione dello svuota Province è  di importanza fondamentale.

2. Lo svuotamento delle Province del governo Letta è un passo indietro rispetto all’intervento di Monti. L’assenza di accorpamenti ( a livello di Province e di uffici statali) fa venire meno l’economia di spesa di 1,6 miliardi di euro. Il semplice svuotamento non comporta risparmi significativi ( per tutte consultare l’intervento della Corte dei conti). C’è invece da considerare un aumento di spesa dalle altre norme contenute nel ddl. n. 1542: il più che raddoppio delle Città metropolitane( con la Città metropolitana  non c’è l’autonoma chiusura dei comuni), la reintroduzione di ben 26 mila tra consiglieri e assessori comunali (è pur vero che non ci sarà un aumento di costi per le indennità, ma ci saranno le maggiori spese amministrative e di supporto riguardanti questi nuovi amministratori).

3. Lo svuotamento delle Province comporta ( anche nel caso in cui il ddl venga approvato in via definitiva) un lungo periodo di incertezza, di confusione e di proroghe.

4. Problemi di incostituzionalità. Ci sono già, in previsione dell’approvazione definitiva dello svuota Province, dichiarazioni di ricorsi innanzi la Corte costituzionale. Il richiamo a Direttive comunitarie e il fatto che non si possono trasformare in enti di secondo grado gli enti locali previsti in Costituzione non appaiono a vista convincenti. Però lo svuota Province è d’aiuto all’impugnativa. Invece, a nostro modesto avviso, la norma contenuta nella legge di stabilità 2014 di proroga al 30 giugno 2014 delle gestioni commissariazli delle Province, disposte per le province i cui organi sono già scaduti ( nonchè per le Province i cui organi cesseranno tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2014)  può dare adito ad impugnative. Il problema è stato sollevato dai Servizi studi della Camera dei deputati.

Per effetto di queste disposizioni il sistema di rappresentanza delle Province è posto in una situazione di “quiescenza”, iniziata dopo il 6 dicembre 2011, data di pubblicazione del  d.l. n. 201/2011, che durerà fino al 30 giugno 2014.

Questa situazione è da valutarsi alla luce dell’assetto delle autonomie delineato dalla Costituzione. Infatti negli articoli 5, 114 e 118, la previsione delle Province come una delle categorie di enti costitutivi della Repubblica, nonché l’attribuzione ad esse di funzioni amministrative proprie e conferite in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, evidenzia il carattere strumentale di tali enti rispetto alle comunità sottostanti, ponendo un interrogativo in ordine alla relativa rappresentanza.

Nella giurisprudenza costituzionale si riscontra un orientamento che esclude profili di illegittimità dal punto di vista dell’art. 5 Cost. nelle disposizioni che consentono lo scioglimento di organi rappresentativi locali e il loro commissariamento per periodi anche lunghi in presenza di precisi confini, sia di merito che di tempo. Tale orientamento, infatti, da un lato evidenzia il fine a garanzia del quale viene sacrificato un“aspetto proprio delle autonomie, quale quello della rappresentatività degli organi di amministrazione”, cioè la tutela dell’ordinato svolgimento della vita delle comunità locali in caso infiltrazione o condizionamento di tipo mafioso o similare; dall’altro rileva che la legge limita la discrezionalità su cui si basano gli scioglimenti degli organi e la durata delle gestioni commissariali, sia stabilendo i necessari presupposti di merito, sia fissando la durata minima e massima delle misure in questione (sentenza 103 del 1993).

Poiché la “quiescenza” della rappresentatività degli organi di amministrazione riguarderebbe solo una parte delle Province (ad oggi 32 delle regioni a statuto ordinario), occorre considerare che le comunità provinciali vengono a trovarsi in una situazione differenziata, sotto il profilo della loro rappresentanza nell’ente locale, rispetto ad altre per le quali è tuttora in corso il mandato degli organi provinciali, per il solo fatto dell’essere intervenuta, dopo il 6 dicembre 2011, una causa di scioglimento dell’ente al cui territorio appartengono.

Inoltre il quadro normativo vigente e quello in itinere ( il ddl sullo svuota Province non ha avuto l’approvazione definitiva e il ddl di abolizione delle Province è praticamente fermo in Commissione) non consentono alle stesse comunità provinciali di trarre elementi di certezza in ordine all’assetto giuridico della rappresentanza provinciale dopo il 30 giugno 2014. Tale dato andrebbe valutato alla luce della giurisprudenza costituzionale che considera la sicurezza giuridica elemento fondamentale dello Stato di diritto ( sentenze 71/2011 e 209/2010).

Da qui le motivazioni che possono portare ad impugnare innanzi la Corte costituzionale il commissariamento delle Province.

*Saggista, tributarista ed esperto della pubblica amministrazione

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