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Autarchia postmoderna. Lo spazio Gerra come una serra: ultimo week-end con l’orto digitale

24/1/2014Mussolini, per rispondere alle “inique sanzioni”, lanciò gli orti autarchici. Poi vennero gli infausti orti di guerra: giardini pubblici coltivati a ortaggi, che salvarono molte persone dalla fame.

Oggi siamo agli orti digitali: bastano una fioriera e qualche sensore in un vano della casa. Sabato 25 gennaio ore 18.00, allo Spazio Gerra, ultimo incontro dedicato al verde e alle interazioni innovative tra piante e uomo, nell’ambito del progetto Digital Garden promosso da Comune di Reggio Emilia, in collaborazione con REI – Reggio Emilia Innovazione, FabLab Reggio Emilia, IREN e Cofar (gruppo Unieco) e con il sostegno di Smeg.

L’esposizione – a metà strada tra innovazione tecnologica e performance artistica – che resterà aperta sino a questa domenica ha visto alternarsi ogni sabato esperti, designer e artisti in dialogo con i visitatori per proporre soluzioni e interrogarsi su come rendere più sostenibile e vivibile le nostre città, grazie alle piante e alle nuove tecnologie.

Sabato Maximilian Ascari, in collaborazione con Fab Lab Reggio Emilia, illustrerà le opportunità e difficoltà del crescere il proprio cibo in città, a partire dalle riflessioni e dai dati raccolti nell’orto laboratorio impiantato presso Spazio Gerra. L’ingresso e la partecipazione sono liberi e gratuiti. A seguire aperitivo e djset a cura di Piatto Unico.

Non a caso il titolo dell’esposizione, Digital Garden è un’unità autonoma di orto domestico progettato e realizzato per essere inserito in un periodo delimitato  in uno degli ambienti centrali dello Spazio Gerra. Un micro-ambiente sostenibile che si autoalimenta grazie all’ausilio di supporti digitali (sensori, microcontroller, software) che consentono un completo e costante monitoraggio in remoto delle piante, favorendone la crescita nel rispetto del loro naturale ciclo produttivo.

Il progetto si pone l’obiettivo di dimostrare che è possibile coltivare il proprio cibo anche nelle condizioni più innaturali e improbabili, come in vaso, dentro una stanza,  sfruttando le risorse tecnologiche per avvicinare piante e uomo nel sopperire a esigenze reali. D’altro canto il progetto evidenzia come sia molto difficoltoso sostituire la natura in modo impeccabile, garantendo le corrette dosi di luce, temperatura, acqua e elementi nutritivi.

In senso più generale la necessità di diffondere una rinnovata cultura del verde in città parte da considerazioni che riguardano fenomeni globali sempre più pressanti. L’autosufficienza e l’autocoltivazione del cibo si pongono come sfide importanti per il nuovo millennio.

Una delle maggiori criticità e forse la sfida più ardua del nostro secolo è l’approvvigionamento di cibo: ad esempio in Italia due terzi delle terre coltivabili sono già “desertizzate”, sono ovvero terre morte, su cui è possibile coltivare ortaggi solo utilizzando fertilizzanti chimici. Paesi come Cina e India acquistano grandi terreni in Africa per coltivare i loro cereali. Le nazioni più industrializzate stanno esaurendo il loro cibo e lo fanno coltivare ai paesi più poveri, che ancora hanno la terra e chi la coltiva.

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