Non c’è ancora chiarezza sul no della Provincia alla mega stagionatura di Parmigiano Reggiano (da 650 mila forme) della Nuova Castelli a San Martino in Rio. La rinuncia a un investimento da 60 milioni ha creato un vespaio di polemiche, e la Nuova Castelli ha deciso di trasferire l’investimento in un’altra Provincia. Ed è singolare come in questa vicenda siano su posizioni opposte il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai (favorevole all’investimento), e associazioni professionali come Coldiretti, che invece è fieramente contraria: in un comunicato dai toni duri di fatto accusa Alai di conflitto d’interessi, e ribadisce che la Nuova Castelli è produttore di un simil-grana ungherese (vedere comunicato sotto).
Nel contempo torna alla carica il capogruppo del Pdl in provincia Giuseppe Pagliani, intervenuto a più riprese in difesa della struttura di San Martino in Rio (sfumata nei giorni scorsi). Oggi Pagliani propone: “La stagionatura serve, cerchiamo altri siti possibili in Provincia. Oggi più di trecentomila forme vanno a stagionare fuori dal nostro territorio, e con un magazzino generale i caseifici possono finanziarsi con i warrant bancari”. Su tutto resta una domanda: perché una scontro di questa portata all’interno del mondo agricolo?
PAGLIANI: LA MEGA STAGIONATURA E’ UN’OPPORTUNITA’ DA NON PERDERE. LA MASINI DESTITUITA DI CREDIBILITA’
“La costruzione in terra reggiana del nuovo mega magazzino di stagionatura del parmigiano reggiano è una opportunità da non perdere – dichiara il capogruppo Pdl in Provincia -. Rinunciando al sito di Correggio e San Martino, possiamo guardare ad altre zone della nostra provincia nelle quali è possibile costruire a grande struttura di stagionatura, ma è ora di smetterla di trovare cento scuse da parte degli amministratori provinciali, per non realizzare il mega impianto moderno. L’esigenza è manifesta ed il Presidente del consorzio del parmigiano reggiano Giuseppe Alai ne ha tracciato con chiarezza l’indispensabilità, c’è una quota rilevante di prodotto, oltre 300 mila forme di parmigiano reggiano che vengono stagionate fuori dalla zona di produzione del parmigiano reggiano, questo prodotto deve trovare sede nella nostra provincia.
I caseifici possono godere dell’opportunità di finanziamento derivante dal pegno (warrant) del formaggio presso i magazzini generali privati (ipotesi non percorribile presso i magazzini di proprietà dei caseifici stessi), così come accade da sempre per i grandi magazzini di stoccaggio di proprietà degli istituti bancari, ed ottenere così affidamenti e finanza dagli istituti di credito per favorire la crescita delle cooperative stesse. Bisogna implementare i controlli sulla lavorazione del prodotto e sulla gestione delle fasi di sezionamento e grattugia preparatorie alla commercializzazione in Italia ed all’estero del prodotto”.
Conclude Pagliani: “I costi della stagionatura fuori provincia sono alti per le latterie reggiane pertanto le informazioni diffuse dalla presidente della Provincia Sonia Masini, smentita oggi anche dal consigliere della sua maggioranza Umberto Beltrami, assessore al parmigiano reggiano del comune di Bibbiano e consigliere provinciale Pd, sono destituite di credibilità minima“.
COLDIRETTI EMILIA-ROMAGNA. PERCHE’ DICIAMO NO. “NUOVA CASTELLI PRODUTTRICE DI GRANA UNGHERESE. C’ENTRAVA ANCHE ALAI ATTRAVERSO LA COOPERATIVA ITACA”
“Negli ultimi dieci anni sono raddoppiate le importazioni in Italia di formaggi similgrana che fanno concorrenza alla produzione nazionale di Parmigiano Reggiano e Grana Padano a denominazione di Origine Protetta (Dop). E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati forniti dal sito www.clal.it dai quali risulta che le importazioni italiane di formaggi duri di latte bovino non Dop hanno raggiunto i 27,3 milioni di chili nel 2012, con un aumento dell’88 per cento in dieci anni. I similgrana – rileva Coldiretti Emilia Romagna – sono arrivati in Italia soprattutto dall’Europa a partire dalla Germania (8,3 milioni di chili) e dalla Repubblica Ceca (8,1 milioni di chili) anche se in forte crescita risulta essere l’Ungheria dalla quale sono giunti ben 2,7 milioni di chili pari al 10 per cento del totale delle importazioni.
“Sono queste situazioni di costante aumento delle importazioni di formaggi similgrana – dice il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – che ci fanno dire no all’ipotesi di costruzione di un nuovo mega-magazzino per il Parmigiano Reggiano, per di più in una zona dove il formaggio per eccellenza del nostro territorio occupa solo il 64% dei posti di stagionatura. La presenza promiscua di prodotti similgrana con il nostro Parmigiano solleva molti ragionevoli dubbi. Non più tardi di tre anni fa, nel dicembre 2010, abbiamo accolto con grande soddisfazione il regolamento della Commissione europea che approvava lo stop al confezionamento, taglio, porzionatura, grattugia e confezionamento del Parmigiano Reggiano all’estero per non perdere caratteristiche organolettiche e soprattutto combattere il rischio di contraffazioni. Non vorremmo aver evitato di portare il Parmigiano fuori Italia per scongiurare le frodi e poi favorire l’importazione e la stagionatura di similgrana sul nostro territorio incrementando, quando va bene, la concorrenza al Parmigiano Reggiano o agevolando, nella peggiore delle ipotesi, la trasformazione del prodotto importato in prodotto originale”.
“Il solo fatto che negli ultimi anni sia cresciuto l’import di similgrana di provenienza ungherese – afferma Tonello – fa sorgere molte perplessità. La società che vuole costruire il mega-magazzino è la stessa Nuova Castelli che detiene il 20% delle azioni della Cheese Company srl, socio unico della Magyar Sajt ungherese che produce appunto un formaggio simile al Parmigiano Reggiano. Si tratta di una società dove ha partecipazioni, attraverso un intreccio di azioni, anche la cooperativa Itaca, presieduta fino al gennaio di quest’anno, quando si è dimesso a seguito anche della denuncia di Coldiretti, da Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. Se, come afferma il Consorzio del Parmigiano, mancano 280 mila posti forma in provincia di Reggio Emilia e 450 mila in tutto il comprensorio, come mai si vuole costruire un magazzino da 650 mila forme? Logica dice che le centinaia di migliaia di posti in più verranno riempiti da formaggi di importazione. Il problema quindi non è dove costruire questa cattedrale, ma evitare di creare tutte le premesse per una mancanza di trasparenza deleteria per un prodotto d’altissima qualità come il Parmigiano Reggiano. La prevenzione deve essere per i prodotti tipici italiani un impegno prioritario perché ci sono migliaia di posti di lavoro a rischio, a partire dagli imprenditori degli allevamenti, fino ai dipendenti dei caseifici, mentre per quanto riguarda il magazzino non c’è nessuno che possa garantire in una struttura ad alta tecnologia i duecento posti di lavoro di cui si parla tanto”.