l pm Isabella Chiesi, nel processo che vede 5 medici imputati per la morte della sedicenne Greta Pavarini, di Novellara, ha chiesto la condanna del solo Mario Franzini, ex primario di Guastalla, e l’assoluzione degli altri, che sono i medici Antonio Lucchini, Colombano De Cesare , Rosario Faraci, Maura Bianchi e Maria Elena Manferdini (anestesista).
L’avvocatessa Vera Sala, che assieme al collega Marco Fena è parte civile per i familiari della vittima, si è subito detta non d’accordo. In sintesi – ha sostenuto – se la morte di Greta è dovuta ad un catetere collocato in modo errato dal primario Franzini, e senza che ne venisse controllata la posizione, anche gli altri presenti in sala operatoria hanno delle responsabilità: era loro dovere fare presente che non si stavano facendo i controlli necessari.
E si era ricorso al catetere – ha continuato – perché Greta era debilitata, non essendo stata riconosciuta subito l’appendicite, nonostante le indicazioni del medico di famiglia. I medici guastallesi si sono arroccati nella loro errata convinzione che la ragazza fosse stata colpita da un virus.
La prossima udienza, davanti al giudice Alessandra Cardarelli, è fissata per il 5 dicembre: è prevista la sentenza sette anni dopo la tragedia contrassegnata da un complesso iter giudiziario. I medici sono tutti difesi dall’avvocato Franco Mazza, mentre l’anestesista è difesa dall’avvocato Terenziani di Parma.
I difensori hanno già anticipato, come risarcimento, un assegno da 650 mila euro, al quale hanno aggiunto la proposta di altri 350 mila, che la parte civile ha rifiutato. Le richieste di risarcimento delle parti civile sono molto alte: basti dire che per i due fratelli sono state richieste provvisionali di 400 mila euro, e di 800 mila per la madre della ragazza.
In una precedente udienza, a giugno, i periti del tribunale avevano detto: “Quel catetere non fu radiografato e non se ne conosceva pertanto l’esatta posizione, né dove avesse la punta. Era finito vicino all’atrio destro del cuore ed il liquido di alimentazione che veniva insufflato finì sotto il pericardio, provocando la morte della giovane”.
La ragazza andò all’Ospedale di Guastalla, la prima volta, il 21 giugno del 2006, e le venne solo prescritto uno sciroppo. Successivamente vi ritornò, con una diagnosi del medico di famiglia che parlava di appendicite. Ma venne operata solo il 28 giugno, quando era già in atto la peritonite. Poiché la giovane era molto debilitata, e poiché per diversi giorni non avrebbe potuto mangiare, si decise di alimentarla con il catetere.
Greta, avevano sottolineato i periti, non è morta per un’appendicite non curata, ma perchè il catetere ha lesionato il suo cuore. Il liquido immesso nel pericardio ha provocato quel che tecnicamente viene definito “tamponamento” del muscolo cardiaco.
(p.l.g.)