Una vasta operazione antimafia è in corso da questa mattina nel reggiano. I Carabinieri, con il supporto di un elicottero, stanno procedendo al sequestro preventivo anticipato di beni per 3 milioni di euro di proprietà di Francesco Grande Aracri, 59 anni, residente a Brescello. Francesco è il fratello del boss Nicolino Grande Aracri, attualmente in carcere, capo dell’omonima cosca cutrese.
Il sequestro riguarda 16 conti correnti e depositi bancari; 2 società del settore edile; 6 unità abitative; 9 unità commerciali; 2 veicoli; un terreno rurale. Beni quasi esclusivamente a Reggio Emilia e a Brescello, salvo il terreno che si trova a Botricello, provincia di Catanzaro.
Il provvedimento è stato firmato dal presidente del Tribunale di Reggio Antonio Caruso: è il primo emesso in Emilia Romagna, nonché tra i primi nel Nord Italia – fanno notare fonti investigative – nei confronti di una cosca calabrese per il sequestro patrimoniale preventivo, anticipato ai sensi dell’art. 22 del D.lvo 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), eseguito prima della fissazione dell’udienza di contraddittorio, in quanto sussiste il concreto pericolo che i beni in sequestro, e destinati verosimilmente alla confisca, possano essere dispersi, sottratti o alienati.
La richiesta era pervenuta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna a seguito di un rapporto dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Emilia, a conclusione di una indagine patrimoniale nei confronti di Francesco Grande Aracri, peraltro condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso a Reggio Emilia dal 2001 al 2003.
Il tempo trascorso tra l’intervento odierno e l’indagine “Edilpiovra” avvalora ulteriormente la pervasività della ‘ndrangheta nel contesto reggiano, nonché il continuo lavoro dell’Arma e della magistratura emiliana. Dieci anni fa con l’indagine Edilpiovra l’articolazione della ‘ndrangheta operante stabilmente nel territorio di Reggio Emilia e provincia fu duramente colpita. Furono accertate estorsioni nei confronti di commercianti e imprenditori, un giro colossale di fatture per operazioni (totalmente o parzialmente) inesistenti al fine di occultare il pizzo pagato da numerosi imprenditori, prevalentemente edili. I recalcitranti venivano ammansiti con una serie di ritorsioni, soprattutto attentati incendiari. Secondo l’inchiesta Francesco Grande Aracri sovrintendeva alle attività criminali della cosca nel reggiano.
IL COLONNELLO ZITO: CON IL SEQUESTRO DEI BENI SI DESTRUTTURA LA CAPACITA’ ORGANIZZATIVA DEI MAFIOSI
In merito al sequestro dei beni di Francesco Grande Aracri, il comandante provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia, colonnello Paolo Zito, ha dichiarato: “L’odierna attività conferma l’affinamento e la crescita della cultura investigativa delle indagini patrimoniali che ha portato, per la prima volta a Reggio Emilia nonché in Emilia Romagna, a un sequestro patrimoniale preventivo, anticipato ai sensi della nuova normativa del Codice Antimafia, in quanto eseguito prima della fissazione dell’udienza di contraddittorio. Siamo quindi ancora in una fase interlocutoria.
E’ bene tuttavia sottolineare che l’aggressione ai patrimoni illeciti della criminalità organizzata consente di destrutturare la capacità organizzativa dei mafiosi i quali accettano maggiormente la possibilità di finire in carcere, ma molto meno quella di vedersi sottratti i beni che, come il caso in specie, sono affidati ad amministratori giudiziari in attesa dell’iter processuale che potrebbe concludersi con la confisca dei beni che saranno gestiti dall’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati istituita nel 2010 e oggi recepita proprio dal Codice Antimafia”.
(p.l.g.)