Caso Cancellieri, Pippo come l’arboriano Ferrini: non capisce ma si adegua

ultimo comunistaTu chiamale, se vuoi, “mozioni (di sfiducia).

Affaire-Cancellieri: ieri il candidato (e deputato) Pippo Civati si è sentito come il venditore di pedalò Maurizio Ferrini, personaggio romagnolo lanciato da Arbore in tv a “Quelli della notte”, quello del “non capisco ma mi adeguo” (presente il celebre tormentone?).

Compagno Civati, la cieca obbedienza non è più una virtù”, gli fanno sapere via Internet, mare nostrum e teatro magnum di diverse punzecchiatine a proposito del repentino riallineamento suo e del Pd alla decisione (un diktat) imposta dal suo collega di partito e premier “balls of steel” Letta, che nel corso di un blitz aveva tagliato corto ma soprattutto avvisato la ditta: “La sfiducia al ministro Cancellieri è la sfiducia al governo”.

Alché il buon Pippo pare abbia avuto un conato di “monito” – dicono.

Poi il dietrofront, comune anche a renziani e cuperliani. Sennonché…

“Che senso ha il “non capisco ma mi adeguo” di Civati sul caso Cancellieri? E soprattutto, come immagina di cambiare il partito se ne riproduce il tatticismo, i compromessi ad oltranza e l’ipocrisia?”. Già: il popolo della rete (quale popolo? quale rete? ah, saperlo…), com’era prevedibile, non avendo di meglio da fare si è scatenato in battute e parodie.

Non ha perso l’occasione di lanciare una stoccatina (fuco amico) anche il collettivo satirico L’Apparato: “Comunque facciamo notare che dopo tanto strepitare Civati (quello che “non si adegua”) si è adeguato in buon ordine e voterà disciplinatamente la fiducia“.

Non male, poi, la sibillina citazione di un giornalista reggiano (via Facebook):

“Ciò che rende alcuni uomini così fedeli alla propria donna è un’assoluta incapacità di trovarne un’altra” (G. Soriano).

Proprio mentre Napolitano gongolava in silenzio…

votato no

Pippo, intanto, è intervenuto sul suo seguitissimo blog.

“Mi pare giusto chiedervi di concentrare gli insulti e le giuste reprimende nei confronti del Pd dalle 13 alle 15 di oggi, quando potrò rispondervi di persona, personalmente.

Come sapete, il dissenso non mi fa paura: il nostro vaffaday ce lo siamo meritati. Lo spazio #insultacivati è già aperto da ore: ho cercato di spiegare quello che è successo, ma pare ci sia ancora bisogno di discuterne. Lo faccio volentieri, convinto delle mie ragioni e preoccupato solo della mia delusione, che è anche la vostra.

Ieri un mio amico mi ha scritto che mi ha visto molto stanco: l’ho rassicurato. È solo per via della mancanza di sonno e forse di quello che Gianni Brera definiva il rischio di spoetizzarsi. Capita agli elettori, capita anche a me. Ma si fa presto a riprendersi e continuare a proporre, discutere, litigare anche. A cominciare da voi.

Raccoglierò gli insulti e le critiche, li metterò in ordine e risponderò a tutti quanti”.

E ancora, in un post appena precedente…

“Lo spettacolo è stato tremendo. Avete ragione. E io ho perso. Avete ragione. E ho anche sbagliato, ci sta, perché si può sbagliare: soprattutto perché non si ottiene il risultato. E soprattutto perché, come al solito, non è cambiato nulla.

L’unica cosa che non accetto è essere accusato di tatticismo. Non mi sono mosso in modo strumentale, perché non ho ritenuto di farlo. Ho detto una settimana fa che il Pd non avrebbe dovuto votare una mozione dell’opposizione contro il governo di cui il Pd – anche se io non sono proprio d’accordo su questo tipo di governo – fa parte, e lo ribadisco anche ora. E se l’ho detto, non cambio idea perché la mia proposta – che era la più corretta, di questo sono convintissimo – non è stata raccolta da nessun altro. Forse ho alzato il livello delle aspettative, ma a riportarlo a zero sono state le decisioni di tutti gli altri, non le mie.

Anche l’accusa di incoerenza un po’ mi sorprende: ho provato a stimolare il Pd, ho avanzato una proposta, mi sono detto disponibile a trasformare la mozione (che solo pochi amici hanno sottoscritto) in un ordine del giorno del gruppo, ho dato la mia disponibilità a sottoscrivere quello di altri. Sarebbe stato sufficiente. Poi, considerato che tutto il gruppo o quasi andava in un’altra direzione, sono intervenuto e l’ho fatto nuovamente in aula, dopo l’intervento del segretario nazionale.

E ogni tanto forse ce la si dovrebbe prendere con chi decide, non con chi subisce le decisioni. Non con chi cerca una soluzione diversa, e parte da condizioni di minoranza, in quel Parlamento. E con questa situazione.

C’è stato un attacco forsennato alla mia proposta, di cui è stata fatta applauditissima caricatura da parte di Gianni Cuperlo. La linea incomprensibile che è passata è la sua, con il sostegno più o meno dichiarato della componente più recente dei renziani, Franceschini in testa. Si è preferito difendere il governo che fare chiarezza. Io mi sono opposto, ho difeso l’eresia della mozione, ho detto parole dure sul ricatto e su quello che ho definito un grave errore politico.

Non ho affatto ritirato la mozione, come scrivono in molti, solo che la mozione era una proposta al Pd, come ho spiegato fin dal primo giorno, nonostante qualcuno avesse maliziato in proposito. Non era una mozione individuale era una sfiducia individuale. Peccato averla trasformata in qualcosa di diverso. Peccato che nessuno abbia voluto raccogliere la proposta. Peccato che nessuno abbia tenuto fede alle parole stentoree dei giorni precedenti.

Uscire dall’aula avrebbe avuto un significato ancora meno forte di un mio intervento in questa direzione, ribadito al gruppo e in aula. E votare la mozione del M5s sarebbe stato un passo verso l’uscita dal Pd, perché non sarei riuscito a spiegarlo prima di tutto a me stesso. E poi, come forse sapete, mi sono candidato a guidare il Pd, non solo il mio banco alla Camera.

A chi dice che mi sono adeguato, che sono stato zitto (!), che non sono andato fino in fondo, che mi sono accucciato, a chi mi scrive che mi hanno comprato, faccio notare che da oggi, se è possibile, sono ancora più inviso di prima ai dirigenti del Pd e soprattutto a questo governo. E che la prossima volta vi invito a partecipare alla riunione del gruppo del Pd, così capirete il tipo di accoglienza che viene riservato a chi è fuori dal coro (sì, perché una sorta di coro greco accompagna gli interventi di quelli come me). E che intervenire in aula e al gruppo in dissenso rispetto al premier, al segretario, al capogruppo, a tre quarti dei deputati, qualche maligno dice anche al Presidente della Repubblica, non è proprio una cosa che uno fa per scegliersi la soluzione più comoda.

Alla fine di questa pessima figura, mentre arrivano altre dichiarazioni di Ligresti e il quadro si fa ancora più opaco, confermo tutto quello che ho detto: è stato un errore politico monumentale, corredato da migliaia di dichiarazioni al vento. Errore che il Pd pagherà e pagheremo tutti quanti. Anche in termini di partecipazione alle primarie, così forse qualcuno sarà contento.

Ho perso e ha perso il Pd. Questa la sintesi migliore. E più dura da accettare. Cerchiamo di capire di chi è la responsabilità, tra un insulto e l’altro. Potrebbe essere utile per trovare insieme un nuovo gruppo dirigente e una nuova linea (e cultura) politica”.

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