di Iames Tirabassi
L’incontro con Giancarlo* ha cambiato la mia vita. Conoscere nel 1968 questo giovane uomo che giungeva dalla capitale con un bagaglio culturale enorme, se rapportato alla sua età, mi ha folgorato. Ero estasiato dinnanzi a tanto sapere snocciolato con semplicità e facilità. Nell’arco di qualche mese, per me che non avevo mai fatto una telefonata o parlato con persone importanti, trovarmi di tanto in tanto in sua compagnia per sopralluoghi o per partecipare ad operazioni di ordinamento dei materiali, me lo faceva vedere come una divinità giunta in una città di provincia per portarvi la luce. Io continuavo a rivolgermi a Giancarlo dandogli del lei come l’educazione mi aveva insegnato, nonostante fin da subito mi avesse detto di utilizzare il tu. Visto che non smettevo di riverirlo, a suo modo ottenne il risultato che si era prefissato dicendomi: “Il lei si dà solo agli stronzi”.
Poi ebbi modo negli anni successivi, sempre come volontario, di assistere a numerose sue performance trasgressive e di assistere alla sua capacità innata di scrivere. Quando non esisteva il computer era capace di mettersi alla macchina da scrivere, dopo aver detto: “vieni che scriviamo a ….” e in dieci minuti era capace di scrivere in perfetto stile e in modo inequivocabile quanto voleva comunicare, dopo di che estraeva il foglio, aggiungeva a mano un po’ di punteggiatura e la lettera era perfetta.
Altra cosa che mi ha sempre colpito è stata la sua consapevolezza di Essere, senza bisogno di dimostrarlo con titoli e referenze: diverse volte in giro con lui, lo vedevo che si presentava dicendo, semplicemente, Giancarlo Ambrosetti, mai dottor o direttore dei Civici Musei.
Insomma i primi anni sono stati di adorazione pura per la sua figura e anche per le sue origini visto che io adoravo la parlata romana e mi leggevo volentieri Trilussa.
Poi le cose cambiarono perché le personalità multiformi come Giancarlo racchiudono in se tutto il bene e tutto il male che l’uomo può manifestare e pertanto nei 45 anni di frequentazione di cui 22 quotidiana, ho avuto modo di litigare diverse volte con lui e in due casi in modo violento, ma poi il nostro rapporto si è sempre ristabilito e nonostante le diatribe ci siamo sempre rispettati reciprocamente. Un giorno mi disse: “Vedi Iames, io e te possiamo anche scazzarci violentemente, ma alla fine ci capiamo, con altri, che non hanno la spina dorsale, è inutile anche litigare”.
Oggi non è il tempo per dire tutto ciò che nel bene e nel male è stato, secondo me, Giancarlo, lo rimando eventualmente ad altro momento. Oggi è il momento di dire che Giancarlo ha trasformato uno sconosciuto museo di provincia in un museo noto in tutta la nazione e anche all’estero. E’ il momento di dire che ha portato l’attenzione sul recupero filologico degli edifici storici, anche se tale eredità non è stata colta che in minima parte in questa sua città d’adozione. E’ il momento di dire che ha formato molti di noi che abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo sulla nostra strada. E’ anche il momento di dire che molti di noi, soprattutto quelli che a lui devono di più, oggi lo celebrano come eccezionale espressione dell’intelletto umano, cosa che gli spetta di diritto, ma fino a venerdì scorso lo consideravano il responsabile di tutte le loro umane disavventure.
Certo Giancarlo non era un personaggio facile, ma nessun grande lo è mai stato. Quando fu defenestrato tentai di organizzare un volume in suo onore (Festschrift come lui, correttamente, li chiamava in lingua tedesca, reduce dall’Istituto Germanico di Roma) chiedendo ai maggiori preistorici italiani l’adesione, compreso il Prof. Renato Peroni, col quale aveva dei trascorsi difficili. Ottenutala persino da quest’ultimo, che capì la gravità dell’accaduto, seppi che stava provando a realizzare da solo una cosa simile. A quel punto abbandonai il progetto.
Insomma Giancarlo fu grande in tutto, nella buona e nella cattiva sorte, ma fu certamente una fortuna conoscerlo e attingere dalla sua grande cultura e ancor più dal suo modo disinibito e alternativo di vedere le cose del mondo. Ora riposerà a Roma e non in questa città, esempio di democrazia, che lo ha spesso trattato da terrone e da pecoraio, fermandosi a gretti giudizi estetici.
(*Giancarlo Ambrosetti, archeologo di fama internazionale, etruscologo insegne, storico dell’arte, direttore per 30 anni dei Civici Musei di Reggio Emilia, è morto sabato 12 ottobre a 78 anni. Riposa nel cimitero del Verano a Roma)