La ripresa? In Emilia è ancora lontana, e il 2013 si chiuderà con un calo del Pil dell’1,6%. Tuttavia uno spiraglio di luce si vede ancora in fondo al tunnel. Il secondo trimestre 2013 è il settimo consecutivo con una variazione negativa, ma il calo di produzione, fatturato e ordini è apparso meno accentuato rispetto ai periodi precedenti, grazie ad esportazioni e ordini esteri che riprendono a crescere. E’ quanto si rileva dall’ultima indagine congiunturale sull’industria manifatturiera firmata da Unioncamere, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.Secondo il report «c’è la sensazione che il culmine della recessione sia stato superato, ma è più un rimbalzo positivo dopo anni di forte flessione. A soffrire maggiormente sono le piccole imprese, più orientate a operare su un mercato, quello interno, che continua a essere penalizzato dalla riduzione di consumi e investimenti».In Emilia-Romagna il 2013 dovrebbe chiudersi con un calo del PIL dell’1,6 per cento, mentre per il 2014 è atteso un +0,9 per cento: numeri leggermente migliori rispetto all’Italia. Il dato sarebbe ben più negativo se non ci fosse il commercio con l’estero.La produzione in volume dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna è diminuita del 2,7 per cento rispetto all’analogo periodo del 2012, in termini meno accentuati rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, segnato da una flessione del 4,6 per cento. La diminuzione produttiva delle piccole e medie imprese emiliano-romagnole è general , ma colpisce soprattutto quelle fino a 10 dipendenti.In tutti i settori il calo produttivo del secondo trimestre è risultato inferiore a quello medio dei dodici mesi precedenti. Le maggiori difficoltà hanno interessato le industrie dei metalli, che comprendono larghi strati della subfornitura meccanica (-4,6 per cento). La maggiore tenuta ha riguardato e industrie alimentari (-1,1 per cento) e meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto (-1,7 per cento).Il sistema moda e le industrie del legno e mobili hanno segnato i miglioramenti più consistenti, pari a più di quattro punti percentuali.Il fatturato ha subìto una flessione del 2,9 per cento rispetto all’analogo periodo del 2012. Negativi gli andamenti settoriali, ma meno accentuati rispetto all’evoluzione media dei dodici mesi precedenti. L’andamento più deludente, in linea con la produzione, è stato rilevato nelle industrie dei metalli (-5,4 per cento). Il calo delle vendite più contenuto ha riguardato le industrie alimentari (-0,5 per cento).Dello stesso tenore di produzione e fatturato, è la domanda, apparsa tendenzialmente in diminuzione del 3,3 per cento. I cali generalizzati sono apparsi però meno intensi rispetto ai trimestri precedenti, grazie al sostegno della domanda estera, tornata a crescere in misura apprezzabile.Nel secondo trimestre del 2013, secondo dati Istat, le esportazioni sono aumentate del 3,6 per cento, mentre in Italia sono rimaste sullo stesso valore dell’anno precedente. L’export sale in tutti i settori, solo i mezzi di trasporto registrano una modesta diminuzione. Bene gli alimentari e l’industria dei metalli. L’export emiliano-romagnolo tiene sul mercato tedesco, perde qualcosa su quello francese, cresce su quello statunitense e, soprattutto, su quello inglese. Bene la Cina e il Brasile, crescita anche in Russia e in Turchia, mentre diminuiscono le esportazioni verso l’India.Le imprese manifatturiere attive in Emilia-Romagna sono circa 47mila, nell’ultimo anno sono diminuite del 2,3 per cento, la stessa variazione registrata a livello nazionale.«Nonostante la flessione degli ultimi anni, oggi in Emilia-Romagna l’industria pesa ancora per il 24 per cento sul totale dell’economia regionale. La nostra resta quindi una regione manifatturiera e questa vocazione dovrà essere uno dei pilastri sui quali investire per avviare un nuovo percorso di crescita.– ha rilevato il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna Carlo Alberto Roncarati – Non ci sono soluzioni magiche per imboccare questa strada, ma solo costruire su ciò che abbiamo. Occorre cercare di cogliere tutte le opportunità, a cominciare dal commercio con l’estero, puntando sulle caratteristiche distintive che connotano i nostri prodotti».