2/5/2022 – Era l’ultimo re di Roma, proclamato tale su Whatsapp da un Marco Mescolini riconoscente sino alle lacrime per la nomina alla Procura di Reggio Emilia (ma sappiamo com’è mandata a finire). Luca Palamara è stato l’uomo più potente della magistratura italiana, e di conseguenza uno dei più potenti della Repubblica, il Gran Regolatore che trovava una soluzione per tutto e dal quale passava tutto: nomine, assetti, equilibri, lotte di potere, scontri e compromessi tra correnti e clan, ambizioni personali, segreti piccoli e grandi. Sino a una certa sera, sino a quella famigerata riunione notturna all’hotel Champagne tra vertici del Csm e politici, in particolare l’allora ministro Lotti e il deputato Cosimo Ferri, per decidere chi innalzare alla Procura di Roma. Gli inquirenti di Perugia infilano un trojan nel cellulare del loro potente collega, e raccolgono una quantità siderale di intercettazioni e rivelazioni.
Così, un giorno dopo l’altro, sotto i piedi di Palamara si spalancano le porte dell’inferno, e lui finisce a mangiare la polvere, reietto e massacrato dai media,e tenuto a distnza come un appestto dai vecchi amici ai quali aveva fatto tanti favori.
Sotto processo e radiato dalla magistratura, additato a vista per le strade, Palamara riesce tuttavia a compiere la sua vendetta. Pubblica due libri sotto forma di intervista insieme ad Alessandro Sallusti, già direttore del Giornale: nel 2021 Il Sistema, e poche settimane fa Lobby e Logge. Sono centinaia di migliaia di copie vendute, un successo editoriale come non si vedeva in Italia dai tempi di Harry Potter. Nel primo libro-intervista dimostra che Palamara, tutt’altro che un santo, non è però il Grande Satana della situazione, e trascina nella polvere mezza magistratura, mettendo a nudo una situazione di controllo politico da paese africano, che ha fatto strame dell’indipendenza della magistratura. Nel secondo spiega che il Sistema non riguarda solo la magistratura, ma è un’infezione che si è mangiata l’Italia.
E allora Luca Palamara, che da un anno già l’Italia e le reti televisive, sarà domani, martedì 3 maggio, al Cubo di Parma (spazio audiovisivo di via La Spezia) invitato da Giovanni Paolo Bernini per un dibattito sui temi della giustizia, i referendum e la riforma Cartabia. In sala, con Palamara e lo stesso Bernini (già protagonisti in febbraio di un faccia faccia sulla 7) ci sarà Giovanni Jacobazzi, già comandante della Polizia Municipale di Parma e oggi giornalista de Il Dubbio, e in collegamento Alessandro Sallusti, il presidente della commissione antimafia Nicola Morra e suor Anna Monia.
L’incontro sarà integralmente proposto sul sito di Radio Radicale e da TV Riformista.
Inutile dire che l’attesa è al diapason. L’incontro è aperto al pubblico, ma è bene prenotarsi al 335 6430676.
E’ il caso di ricordare che Giovanni Paolo Bernini è una vittima illustre di quel Sistema: esponente parmigiano del Popolo della Libertà, poi di Forza Italia, viene inghiottito dal tritacarne di Aemilia e perseguitato per anni dal procuratore Mescolini, per essere poi prosciolto ogni accusa. Ma intanto è rovinato sotto il profilo personale e della carriera politica. In “Storie di ordinaria ingiustizia” (2019, prefazione di Vittorio Feltri) Bernini racconta la sua storia e quella dell’avvocato Giuseppe Pagliani, esponenti del centro destra che davano noia alla sinistra, massacrati da Aemilia e da Mescolini, e accusa la magistratura di aver tenuto il Pd al riparo dal grande processo di mafia celebrato a Reggio Emilia, tanto da chiederne la revisione o almeno l’apertura di un nuovo procedimento, questa volta per portare alla sbarra proprio i rapporti tra politica, amministrazioni e ndrangheta di cui tutti sanno, ma dei quali il Sistema fa finta, dietro la sua maschera di bronzo, di non sapere niente.
(Pierluigi Ghiggini)