16/6/2016 – Il matrimonio tra la poesia di Giovanni Pascoli e la grande musica dell’epoca, alla ricerca di assonanze, riferimenti e significati che connettono al grande affresco del simbolismo europeo, è al centro del novetole progetto che viene presentato oggi 16 giugno al Caffè del Giovedì della Far Studium Regiense, come sempre nella sala dell’Oratorio della Trinità, in via San Filippo 14 a Reggio Emilia. Inizio ore 18.
Il titolo della conferenza concerto è “Nuovi strumenti – Il linguaggio di Pascoli e la coeva ricerca musicale”. Testi e regia di Enzo Vanarelli, musiche e arpa di Carla They.PROGRAMMA
X Agosto P. Cornelius Grablied
Romagna V. Bellini Il zefiro
Orfano C. Debussy Les Anges
Arano E. Satie Gymnopedie I
Lavandare
Nozze V. Bellini Il zefiro
L’Assiuolo G. Puccini Signore ascolta
A nanna Cinderella Tema
X Agosto P. Cornelius Grablied
Digitale E. Satie Gnossienne I purpurea
Valentino C. Saint Saens Pavane
Il Gelsomino R. Korsakov Canzone Indù notturno
X Agosto P. Cornelius Grablied
L’ora di Barga F.P. Tosti Ave Maria
La mia sera E. Satie Gymnopedie I
La servetta V. Bellini Il zefiro di monte
La sfogliatura C. Debussy Children’s corner
Solon C. Debussy / L. Delibes Lakmé
LA NATURA DEL PROGETTO
“Il solo modo che io conosca di parlare di poesie consiste nel tentare di esaminarle nei particolari per quanto concerne il suono e la forma e il colore. Del significato di una poesia non posso parlare in quanto poeta in nessun modo: questo compito va lasciato ai teorici, ai logici, ai filosofi, ai sentimentali, eccetera. Bisogna sentire e pesare la forma, il suono, il contenuto di ogni parola rispetto alla forma, al suono, al contenuto delle parole intorno ad essa.”
Queste sono parole di Dylan Thomas, pronunciate all’inizio degli anni ’50; e sono sembrate – ai teorici, ai logici, ai filosofi, ai sentimentali – quasi un’eresia. Ma già verso la fine dell’800 il nostro Giovanni Pascoli aveva fatto di queste note la sostanza della sua poetica; tanto che D’Annunzio ebbe a definire Pascoli “il maggior poeta lirico in lingua italiana da Petrarca in qua”, evidenziando la particolarità “linguistica” della poesia pascoliana.
De Sanctis aveva aggrappato tenacemente la poesia al significato; ed ecco il “poeta delle piccole cose” – le cose, passi; ma le parole? le avete lette? le avete pesate? Le avete ascoltate? a causa di questa inavvertenza i suoi testi sono finiti nelle antologie scolastiche: il Maestro alchemico del linguaggio proposto come lettura per ragazzi!
Finché Gianfranco Contini, nella memorabile conferenza tenuta a San Mauro Pascoli il 18 dicembre 1955, riportò le basi della critica pascoliana dall’analisi psicologica dell’autore all’analisi linguistica dei testi. Ma biografismo e psicologismo son duri a morire; e ancor oggi si officiano letture pascoliane come cacce all’uomo, condotte col moderno strumentario delle esplorazioni psicanalitiche, come se voyeurismo, latente omosessualità e magari incesto fossero condizioni dirimenti poesia sì/poesia no.
La percezione della qualità altissima del dettato pascoliano si può avere solo misurandolo sui prodotti più avanzati del simbolismo e del decadentismo europei; che peraltro lascia indietro proprio sul piano linguistico per aver elaborato un “sistema di segni” che sovverte la consistenza semantica del mezzo espressivo. Il confronto si trova piuttosto con la ricerca musicale. Al tardo ‘800 musicale appartengono l’analogo smantellamento delle fortezze armoniche e strofiche; l’apertura a tonalità inusitate, le scale esatonali o dodecatonali, le serie ripetitive o aperte, la rimodulazione sfuggente, l’adozione del “leitmotiv”, l’atonalità. Processi che da un lato scavalcano le tradizioni stilematiche ottocentesche, dall’altro aprono all’impiego di nuovi materiali.
Vagliata la poesia pascoliana sul crivello linguistico, vi offriamo una lettura di testi talora molto noti talora no, centrata sulla capacità fantasmatica della parola, sulla insorgenza di arbitri linguistici e postlinguistici nonché fonosimbolici. Qui il segno fonetico evade dal carcere significante/significato e indossa il potere sciamanico operando come sistema referenziale magico. Questi testi rapiscono l’orecchio attento in una vertigine linguistica che solo di rimando avviene che sfiori sentimenti e pianti sul vissuto. Perciò “Nuovi strumenti”.
Qui si accampa la parte più puntigliosa del lavoro. Non basta citare musicisti a casaccio per verificare l’ipotesi e la sfida. Con la preziosa amica Carla They abbiamo ricercato i più sottili intrecci fonologici di analogie e parallelismi, affidati per vocazione all’arpa, strumento vasto e umanissimo dalle cui corde il suono va prelevato a mano nuda, come nude sono le parole per dire Pascoli. Negli echi abbiamo enucleato due aree a rimbalzo: da un lato l’usato tranquillizzante (il vissuto); dall’altro l’inusitato esaltante (la poesia). Proponiamo deliberatamente quindi una coppia di strutture melodico/armoniche come riferimenti al vissuto; e tanta della sostanza cangiante e spiazzante della ricerca timbrica, tonale, modale come analogo della poesia. Di questa duplicità abbiamo intessuto la nostra sostanza fonica. Presentiamo perciò a voi e all’ombra di Carmelo Bene un concerto, in cui riferiamo alla poetica del vissuto il popolareggiante Zefiro di Bellini e il funereo Grablied di Peter Cornelius; e alla poetica della ricerca formale quello specimen calibrato dalla novissima ricerca musicale europea che troverete nel programma.
(Enzo Vanarelli )